Il figlio di 8 anni è positivo, l’ufficialità è arrivata dal tampone fatto nel padiglione N della Cittadella della salute di via Romagna a Cagliari lo scorso 30 novembre. Lui, un libero professionista quartese di 49 anni, papà del piccolo, non sa se è positivo o negativo e si trova “chiuso in casa in attesa di sapere se e quando potrò fare il tampone”. Una vicenda simile a molte altre, se non fosse che per il papà il termine “beffa” sembra calzare a pennello: “Mio figlio non vive con me ma con la mia ex moglie. Io l’ho solo accompagnato a fare il tampone. Il giorno dopo l’arrivo dell’esito, ho ricevuto una telefonata da una donna che mi ha detto di essere una responsabile dell’Ats. Quando le ho detto che mi trovavo nel mio studio, da solo, mi ha sgridato, ordinandomi di tornare subito a casa”. Una procedura normale, il 49enne ha comunque avuto contatti con il figlio. “Giusto, ma io avevo già annullato tutti gli appuntamenti di lavoro, insieme a me non c’era nessuno. E, inoltre, non avevo ricevuto nessuna comunicazione in merito da parte dell’Ats. Sarei potuto essere in capo al mondo”.
Ora, i problemi sono vari, stando al racconto dell’uomo: “Devo osservare una quarantena ma non so quando mi faranno il tampone. Ogni giorno che passa sono guadagni in meno”, osserva il 49enne. Che pone l’accento, soprattutto, sull’assenza di comunicazione tra Ats e il suo medico: “Se non certificano la mia situazione e non definiscono se dovrò fare il tampone o attendere, magari, i giorni di isolamento previsti, il dottore non potrà firmarmi il foglio della malattia che mi consentirà di poter accedere ai ristori previsti dal Governo e dall’Inps”.











