Castello residenza di nobili e signori.
Nel 1257, la città giudicale di Santa Igia, filo genovese da poco tempo dopo essersi allontanata dai pisani, fu distrutta proprio ad opera dai toscani coalizzati con gli arborensi, i galluresi e forse i logudoresi. La città fortificata di Castello fu così rioccupata dai pisani che l’avevano costruita nel 1216, su licenza dell’allora giudice di Calari Barisone.
Da quel momento il Colle che fu chiamato Castel di Calari e fu l’unico erede della ormai scomparsa città fenicio-punica e romana di Caralis, era governato da due Castellani nominati annualmente da Pisa, coadiuvati da un consiglio di anziani eletti dal popolo diviso in compagnie a seconda della attività artigianale o commerciale esercitata.
Castello si popolò di nobili e di facoltosi commercianti mentre il popolo si stabilì nei sorgenti quartieri di La Pola (Marina), Stampace e Villanova.
A La Pola risiedevano i lavoratori delle attività portuali, a Stampace artigiani e contadini, mentre Villanova era il regno degli agricoltori e degli allevatori.
Tutti si recavano in Castello per commerciare ed ognuno aveva la speranza di poter aprire, un giorno, bottega entro le sue mura, perché quello era il centro commerciale ed era lì che abitavano i più ricchi della città.
Nel 1326 arrivarono gli aragonesi e Castello diventò una cittadella blindata in quanto gli iberici non permettevano ai sardi la residenza entro le mura e le porte di accesso venivano chiuse al tramonto al suono di una tromba. Si racconta che i non residenti colti dopo il segnale ancora dentro le mura, fossero scaraventati senza indugio dai bastioni.
Prima il governatore, poi i viceré con il loro seguito di nobili e funzionari, fecero della rocca una residenza esclusiva, mentre il popolo languiva in logori tuguri nei tre quartieri satelliti svolgendo i lavori più umili.
Con gli spagnoli a partire della fine del 1400, il colle che oramai veniva chiamato Caller, oltre che dei nobili, diventò residenza dei signori, in cerca di titoli e onori, dell’alto clero e dei pubblici funzionari con grado più elevato.
Anche molti feudatari elessero la loro residenze entro le mura, i palazzi gentilizi si moltiplicarono mentre la nuova classe mercantile sostituiva i piccoli nobili caduti in disgrazia, un luogo esclusivo dunque dove erano concentrate tutte le strutture politiche, amministrative, giudiziarie, l’università, il teatro ed i collegi religiosi destinati ai rampolli delle famiglie più agiate.
Dopo il 1720, con l’arrivo dei piemontesi, il borgo fu popolato da uno stuolo di cortigiani, e funzionari con i loro familiari e tutti gli edifici disponibili furono occupati, se ne costruirono anche dei nuovi che sostituirono le vetuste abitazioni.
Per quasi 170 anni con i piemontesi Castello fu il centro degli affari e residenza dei notabili, nel 1799 ospitò anche la corte dei Savoia, reali compresi, scacciati dal Piemonte da Napoleone, poi a fine ‘800 il consiglio comunale decise di trasferire la sede del Palazzo Civico in via Roma decretando la fuga dei signori che cercarono lussuose abitazioni in pianura.
Castello fu così popolato dai ceti meno abbienti e le sue abitazioni e lo stesso quartiere lentamente si avviarono a quel degrado e allo spopolamento che si tenta di fermare in tutti i modi ancora oggi.











