Il cartellone della Cedac della Grande Prosa al Teatro Massimo si presenta quest’anno particolarmente interessante. Il clou è forse proprio l’ultimo spettacolo “Prima del silenzio” di Giuseppe Patroni Griffi, con Leo Gullotta. Anche se i precedenti “Re lear”, “EnricoIV” e soprattutto “L’origine del mondo” forse meritavano più commenti e consensi.
“Prima del silenzio” è stato scritto nel 1979 per Romolo Valli. Un’enorme ambizione, per Leo Gullotta e il regista Fabio Grossi, emulare un mostro sacro del teatro. Ci tentano con una formula scenica al passo con i tempi, con proiezioni tecnologiche e nessun oggetto scenico reale.
La storia è quella di un uomo in crisi, in fase matura, che ripercorre un vissuto poco gratificante e fallimentare, con una famiglia alle spalle, i cui membri riappaiono come fantasmi (interessante la figura della Moglie, rappresentata in filmato da Paola Gassman) a tormentare la coscienza del protagonista, nella vuota rappresentazione di una borghesia malata, molto attuale nonostante la distanza temporale del testo.
L’unica alternativa e il solo varco al male di vivere è ritrovare la parola come origine di tutto e come solo mezzo, non solo di comunicazione, ma di realizzazione del sè. Il tema, non nuovo nella letteratura del Novecento, è interessante, anche se non convince il tentativo di rendere percepibile la sofferenza del protagonista, che trova come interlocutore un ragazzo, l’unico personaggio contemporaneo, con cui il dialogo risulta impossibile e faticoso.
La Poesia che dovrebbe salvarlo non è raffigurata come elemento realmente risolutivo nella trasfigurazione di un protagonista malato, alla ricerca di una svolta che non arriva nè è veramente cercata. Gullotta è veramente bravo attore e forse più a lui si deve il successo di una piece alla fine dispersiva con sprazzi però illuminanti.













