di Veronica Mascia
“Cagliari non è una città per i giovani”. In tanti lo hanno ribadito negli ultimi tempi. Ma cosa ne pensano i diretti interessati? “lo abito al Poetto” racconta una ventenne “e metterei volentieri una bomba in discoteca. Non tanto per la musica che non mi crea disturbo, ma per la gente. Di notte non posso uscire da casa per paura che gli ubriachi facciano qualcosa. E non sono quelli che ridono e cantano, sono quelli che lanciano le bottiglie contro le macchine, in terra, che si picchiano. E ogni volta che c’è serata, è sempre la stessa storia. Facessero tutti come i ragazzi che si incontrano il venerdì al Cavalluccio che non creano nessun disturbo, si divertono e sanno come divertirsi”.
Parlando invece dei luoghi “in cui uscire la notte”, ad esprimersi e un giovane studente fuori sede: “Non è che non ci siano posti dove andare è che le persone rovinano quelli che ci sono. Parlo di ragazzi e adulti indifferentemente, che si strafanno e disturbano il prossimo”. “Uno dei problemi principali è che nei locali e nelle discoteche non chiedono il documento di identità. Sembra che ai gestori interessi solo guadagnare” racconta Carlo, un trentenne abituè della movida cagliaritana. “Alla fine ti ritrovi in seconda serata, dopo l’una di notte, con quindicenni ubriachi marci che rovinano la festa a tutti. Come ti comporti?” Ma quale è la posizione generale sulla mancanza di lavoro? “Le restrizioni alla vita notturna stanno in qualche modo togliendo possibilità di lavoro. Barman che lavorano di meno perché in settimana non c’è movimento. Camerieri chiamati in numero minore perché c’è poca affluenza. Se prima lavoravo sei giorni su sette, adesso vengo richiamata solo per il fine settimana” a parlare è Camilla, una delle tante cameriere/studentesse che lavorano nei locali di Piazza Yenne. “La colpa non la darei ai residenti che si lamentano, non tutta almeno, ma a chi non sa comportarsi fuori dai locali. Quando sono stata a Bangkok, non ho visto tanti locali, i giovani si riunivano in strada. O Madrid, strapieno di locali ma dove non si sentiva volare una mosca perché c’erano i controlli. Siamo noi giovani che dovremmo porci delle domande, che differenza c’è tra Cagliari e Madrid? (A parte la grandezza della città, la popolazione…) In proporzione noi dovremmo avere luoghi in cui divertirci serenamente”. È Michela, una giovane lavoratrice ventisettenne a mettere la parola finale: “Credo il lavoro sia davvero poco in linea generale ma,anche se poco, sono i giovani troppo selettivi e pretenziosi nel svolgere quei pochi lavori disponibili. Vorremmo tutti il lavoro dei nostri sogni e non riusciamo a farci andare giù l’idea della gavetta. Non qui in casa almeno, perché quando poi partiamo, siamo costretti a partire dal basso. Ma qui, per trovare un lavapiatti, certi ristoranti devono fare i salti mortali. A Londra invece, tutti a pulire pavimenti manco fossero chirurghi dopo un’operazione. Siamo il paese delle contraddizioni”.










