Il settore pesca isolano reagisce per difendere la propria esistenza. Per questo i dipartimenti pesca della Sardegna di AGCI, Confcooperative, Legacoop e l’Associazione Armatori motopescherecci sardi, di concerto con il coordinamento dell’Alleanza delle Cooperative Italiane, di cui fanno parte le centrali nazionali delle stesse cooperative, sottoscrivono lo ‘Stato di agitazione della pesca Italiana’. L’agitazione, che proseguirà nei prossimi mesi con iniziative diffuse in tutte le marinerie isolane, oppone il comparto ad una situazione ormai diventata insostenibile che, come si legge nel documento unitario dell’Alleanza, mette ‘l’intero settore di fronte ad una vera e propria emergenza che rischia di avere contraccolpi socioeconomici e occupazionali devastanti’.
Il settore pesca in Sardegna si compone di una flotta di oltre 1300 imbarcazioni, operanti nei compartimenti marittimi di Cagliari, Oristano, Porto Torres, La Maddalena e Olbia. La maggior parte di queste (1176 vale a dire l’88%) sono impegnate nell’attività di pesca artigianale. Sono generalmente barche di piccole dimensioni (stazza lorda media TSL di circa 5 tonnellate) che effettuano diversi tipi di pesca quali tramagli, reti fini, palamiti, nasse e attrezzi multipli in genere. La restante parte è costituita da pescherecci a strascico con 161 unità (12 %) che rappresenta però circa il 78% della stazza totale in GT. Gli equipaggi della flotta sarda sono costituiti da quasi 2000 operatori la maggior parte dei quali sono imbarcati nei pescherecci della piccola pesca artigianale.
Le organizzazioni regionali Federcoopesca, Legacoop dipartimento pesca e Agci Agrital, accomunati nell’Alleanza delle Cooperative, unitamente all’Associazione Armatori Sardi, condividendo il malcontento che anima gli operatori del comparto, proclamano l’adesione della pesca sarda allo stato di agitazione per richiamare con forza l’attenzione del Governo, del Parlamento e delle istituzioni regionali sulla necessità di interventi urgenti per il settore. Le Associazioni puntano il dito contro burocrazia e pregiudizi che stanno frenando le possibilità di sviluppo di un settore, quello della pesca, che con una gestione accorta da parte delle istituzioni nazionali e comunitarie potrebbe giovarsi di un innovazione strutturale in grado di valorizzare una filiera potenzialmente in grado di incidere positivamente nello sviluppo del Paese. La battaglia che le Associazioni sarde della pesca sostengono per la salvaguardia del settore presenta degli aspetti comuni a tutte le marinerie italiane, alle quali si aggiungono quelle specifiche dei pescatori dell’Isola. La revisione del sistema sanzionatorio (multe fino a 150.000 euro) introdotto di recente con la Legge 154, che inizialmente doveva contenere norme per lo sviluppo si di fatto trasformato in un regolamento repressivo, penalizzante e punitivo per tutte le marinerie italiane, ma particolarmente pesante per la Sardegna che anche in questo settore patisce i problemi tipici dell’insularità. E’ necessario la messa a punto di un nuovo sistema di ammortizzatori sociali; il ripristino a costo zero per la Pubblica Amministrazione, della Commissione Consultiva Centrale della Pesca marittima e dell’Acquacoltura quale indispensabile organismo di confronto e consultazione per la categoria; la semplificazione delle pratiche amministrative e la diminuzione dei costi burocratici che gravano pesantemente sulla redditività delle imprese ittiche. La gestione delle lagune sarde. Sulle concessioni demaniali è necessario costruire una visione strategica di medio – lungo periodo. Le concessioni a fini di pesca e acquacoltura sono attualmente prorogate al 31 dicembre 2020.
E’ importante utilizzare questo tempo per attuare politiche serie di gestione e sviluppo delle aree demaniali I danni creati dalla fauna selvatica. I delfini in mare e i cormorani nelle lagune creano un problema enorme ai nostri pescatori. Servono soluzioni efficaci per indennizzare l’attività economica degli operatori. Accesso al credito. Rendere più accessibili i mercati finanziari e creditizi, per garantire un reale sostegno alle imprese e dare forza al processo di razionalizzazione e consolidamento, anche alla luce dei prossimi bandi FEAMP. La pesca abusiva e “pseudo sportiva”. Ai frequenti controlli per i pescatori professionali non fa seguito un altrettanto pressante l’attenzione nei confronti della pesca abusiva. La crisi economica sta spingendo sempre più persone ad esercitare la pesca senza autorizzazioni, regole, né limiti, innescando problemi serissimi da un punto di vista sociale ed economico.
La riduzione delle aree di pesca. Quasi il 90% della flotta peschereccia isolana pratica la pesca artigianale con imbarcazioni di basso tonnellaggio, costrette a concentrare lo sforzo di pesca in poche aree molto frequentate a causa della conformazione dei fondali attorno alla Sardegna. Le servitù militari accentuano questo problema precludendo l’accesso a vaste aree di pesca: costa sud occidentale (Capo Teulada), costa di Oristano (Capo Frasca) e costa orientale (Capo san Lorenzo). Oltre 103.000 ettari di mare precluso o quasi a circa 540 imbarcazioni con oltre 1.000 imbarcati. Altri 76.000 ettari, di cui 2,600 di divieto assoluto sono sotto tutela delle sei Aree Marine Protette e Parchi con aree a mare
Quote tonno e pesce spada. La recente assemblea ICCAT (Commissione internazionale per i grandi pelagici), nonostante il parere fortemente contrario delle Associazioni della pesca, ha approvato l’introduzione di un sistema di quote per il pesce spada, che rischia di mettere in ginocchio la flotta sarda. Dall’Alleanza arriva anche un invito a battersi per ottenere un più marcato aumento del TAC (Totale ammissibile catture) per il tonno rosso per i prossimi anni, ridefinendo i criteri di assegnazione delle quote verso le imbarcazioni della pesca artigianale, così come indicato dalle recenti prescrizioni comunitarie. Solo così la pesca artigianale avrà maggiori possibilità di sfruttare una risorsa tornata abbondante da alcuni anni, ma che paradossalmente rischia di penalizzare decine di imprese terrorizzate dalle nuove pesanti sanzioni previste in caso di catture accessorie o involontarie. Sul fronte internazionale, i rappresentanti delle organizzazioni chiedono di metter fine agli eccessi del regolamento sui controlli ed alla condizionalità, che rischia di chiudere le porte del FEAMP (Finanziamenti europei) in faccia alle imprese per infrazioni gravi solo sulla carta ma lievi nella sostanza, come sbagliare a segnare un pesce nel logbook.











