Per la prima volta Filippo Turetta si presenta in aula per affrontare l’interrogatorio e ricostruire l’omicidio della sua ex fidanzata Giulia Cecchettin, uccisa a 22 anni con 37 coltellate. La procura di Venezia, sin dall’inizio, ha contestato al giovane omicida volontario aggravato da premeditazione, crudeltà e legame affettivo, e i reati di sequestro di persona, occultamento di cadavere e porto d’armi. “Quando ho scritto quella lista avevo ipotizzato il piano di rapirla, stare con lei qualche tempo e poi farle del male e toglierle la vita”, ha ammesso Turetta, riferendosi alla macabra lista ritrovata sui dispositivi del giovane da parte degli inquirenti. Tutti strumenti attiva portare a termine il suo piano, come il nastro adesivo, e anche alcune specifiche azioni da compiere per sottomettere Giulia. Parole che ammettono praticamente la premeditazione, cosa non fatta nel primo interrogatorio dopo l’arresto in Germania. “Ero arrabbiato, avevo tanti pensieri, provavo un risentimento che avessimo ancora litigato, che fosse un bruttissimo periodo, che io volessi tornare insieme”, ha continuato Turetta come riportato da Rainews. Durante tutto l’interrogatorio il giovane non ha mai alzato lo sguardo e ha tenuto gli occhi bassi e la voce incerta. Presente in aula anche il padre di Giulia, Gino, che ha ascoltato anche la ricostruzione delle ultime ore di vita di sua figlia. Una ricostruzione, quella rilasciata da Turetta nella sua memoria difensiva, a tratti descritta come un sogno, qualcosa di non compiuto direttamente, quasi a volerlo rimuovere: “Mai calci e pugni, non so se l’ho colpita con il coltello, ma suppongo di sì, ma qualche istante dopo solo il manico in mano e quindi per essersi rotto così suppongo di sì”, racconta. Elementi fondamentali per l’accusa sono anche le modalità di controllo ossessivo su Giulia, per esempio attraverso un’applicazione per controllarle il cellulare, e le migliaia di messaggi inviati alla ragazza, circa 300 al giorno.












