Omertà, silenzi e muri difficili da abbattere. È il filo rosso che lega le tragiche storie di Mariano, Sebastian, Mattia e Danilo, giovani sardi la cui morte è ancora avvolta nel mistero. Storie segnate da verità non dette, indagini complesse e, in alcuni casi, ipotesi di suicidio che non hanno mai davvero convinto. A riflettere su queste vicende è l’avvocato penalista Gianfranco Piscitelli, che da anni segue con attenzione i casi più controversi dell’Isola. “La nostra memoria collettiva, in queste terre, fatica a registrare episodi analoghi; la cronaca e la coscienza comune non ricordano giovani dispersi nel nulla con tale inspiegabile facilità”, afferma l’avvocato. “La mia memoria mi porta alla morte archiviata dalla Giustizia terrena per suicidio di Mattia Ennas: anche lì un muro impenetrabile di omertà, anche lì amici con cui si esce insieme, si fa serata insieme ma uno non torna a casa, anche lì c’è chi sa ma non ha mai parlato!”. Mattia Ennas morì nell’agosto del 2019 dopo una caduta da un palazzo a Mulinu Becciu. Nonostante l’archiviazione come suicidio, la vicenda ha lasciato molti interrogativi aperti. La Procura, solo dopo un clamoroso pressing mediatico, aveva poi aperto un’inchiesta per furto e omicidio. A distanza di anni, restano dubbi e verità ancora da chiarire. Un caso simile è quello di Sebastian Casula, operaio 39enne di Carbonia, scomparso nel luglio 2017 e ritrovato impiccato nella pineta di Monte Leone un mese dopo. La posizione anomala del cadavere e altri elementi sospetti portarono le forze dell’ordine a ipotizzare che non si trattasse di un suicidio. Una pista, quella dell’omicidio mascherato, che negli anni ha trovato conferme. “Venne accertato che il suicidio per impiccagione era solo una finzione per coprire una morte avvenuta altrove – racconta Piscitelli – dopo anni di indagine, il responsabile venne rinviato a giudizio ma morì dopo la prima udienza ed il processo quindi fu sospeso. La verità si è saputa ma la giustizia terrena purtroppo non ha avuto seguito lasciando tutti nel massimo sgomento. Sicuramente per l’imputato il processo sarà proseguito dinanzi a un tribunale a cui nessuno può sottrarsi, per gli eventuali complici, bisognerà aspettare che compaiano dinanzi a Dio… si trattava del povero Sebastian Casula”. Poi c’è il dramma recente di Danilo Cancedda, guardia giurata delle Vele, trovato morto il 13 febbraio scorso in un canneto nei pressi di Santa Gilla. Anche in questo caso, la versione ufficiale parla di suicidio, ma la famiglia, che non ha mai creduto a questa ipotesi, non si arrende e chiede chiarezza. Troppi elementi non tornano, troppi dubbi restano sospesi. Infine, Mariano Olla, sedicenne trovato morto in mare dopo una festa sulla spiaggia. Quella notte c’erano almeno 150 persone. Nessuno, però, ha visto, sentito, o ricorda nulla. Un silenzio assordante che pesa come un macigno sulla memoria del ragazzo. Le indagini, nel frattempo, proseguono per cercare di ricostruire cosa sia realmente accaduto. Tutte vite giovani, spezzate in circostanze mai del tutto chiarite. Troppe storie, simili tra loro, accomunate da un tratto inquietante: l’indifferenza e il silenzio. Come sottolinea l’avvocato Piscitelli, in più di un caso “la morte è stata fatta passare erroneamente per suicidio”. Un appello, quello che emerge da queste parole, a non smettere di cercare la verità. Per rispetto di chi non c’è più. Ma anche per giustizia, per chi è rimasto e continua a chiedere risposte.