Un messaggio, pubblicato su Facebook da un’amica fidata, e una scritta, con lei a Basilea e una scritta gigantesca, lo scorso 12 ottobre: “Ho scelto di essere libera fino alla fine”. È stato questo il modo per far sapere a chi magari non sentiva da tempo, Francesca Valguarnera, che quella sua libertà l’aveva esercitata in pieno, scegliendo l’eutanasia in una clinica svizzera. Il decesso risale al giorno precedente il post. Aveva 53 anni, la Valguarnera, e aveva partecipato a tantissimi tavoli, dibattiti e raccolte firme per poter rendere ufficiali e gratuite le cure con la cannabis terapeutica. Aveva lavorato come fisioterapista, poi la scoperta di una sclerosi sistemica: dolori immensi e indescrivibili all’apparato gastrointestinale, la vita stravolta e quella “ignoranza”, come ha dichiarato in una video intervista rilasciata al nostro giornale nel 2018, che la portava a non vivere: “Con la cannabis terapeutica sto molto meglio, ma i medici non la prescrivono perché dicono che non possono”. Aveva poi vinto la battaglia, diventando la prima paziente sarda a potere usufruire della ricetta rossa, cioè gratuita, per avere i medicinali con oppiacei per lenire, per quanto possibile, il dolore. Se n’è andata senza smuovere, come suo solito, mari e monti: la decisione di dire basta alla sua esistenza l’ha condivisa con pochissime persone e solo dopo, ad atto compiuto e post di avviso pubblicato, sono arrivati centinaia di commenti, sia di cordoglio sia di condivisione della sua decisione.
I familiari hanno ricevuto, a quasi un mese di distanza, una telefonata dall’associazione Dignitas Svizzera, associazione senza fini di lucro che si occupa di “assicurare ai suoi membri una vita e una morte dignitose, valori a cui ogni essere umano ha diritto”. Il padre di Francesca Valguarnera, Adolfo, è netto: “Rispetto la sua volontà, eravamo tutti informati del suo stato di salute e della sua limpida consapevolezza di voler ricorrere all’eutanasia. Era lucida”. A ricordarla, partendo dalle sue tante battaglie, è Laura Di Napoli, a capo della Cellula Coscioni della Sardegna: “La scelta di essere libera fino alla fine l’ha sempre considerata, anche per se stessa, Francesca. Insieme a lei ho lavorato imbastendo due referendum per la cannabis terapeutica, raccogliendo diecimila firme in tutta l’isola. Poi la Regione ha avuto paura di portare avanti il documento, a differenza della regione Sicilia. Per anni si è battuta per fare in modo che l’accesso al farmaco fosse esentato dalla stessa Regione, riuscendo ad ottenere la prima ricetta rossa, oggi elettronica, in tutta la Sardegna. Francesca era una persona che è riuscita a cambiare il mondo, e persone simili è come se non morissero mai”.












