Un momento di follia. Un attimo in cui ha fatto quello che, sostiene, mai pensava di poter fare. Un raptus che ha messo fine in pochi secondi alla vita di Francesca Deidda: così Igor Sollai ha ricostruito al sostituto procuratore Marco Cocco l’omicidio di sua moglie, la 42enne scomparsa da San Sperate il 28 maggio e ritrovata il 18 luglio in un borsone nero nelle campagne di San Vito, lungo la vecchia orientale sarda. Quattro ore e mezzo di interrogatorio finito in tarda serata come quello del 22 novembre in cui aveva confessato il delitto, assistito dagli avvocati Carlo Demurtas e Laura Pirarba, in cui Sollai ha cercato di smontare la convinzione degli inquirenti, ovvero che il delitto sia frutto di un movente economico, per incassare 100mila euro da un’assicurazione sottoscritta con la moglie e avere tutta per sé la casa dove vivere con l’amante che frequentava da un anno.
Ma Sollai, nonostante le ricerche di cianuro sul web risalenti a settimane prima, agli inquirenti ripete che l’omicidio è avvenuto al culmine di una lite, quando Francesca era seduta sul divano e stavano discutendo della crisi del loro rapporto, e lei l’ha accusato di non essere stato un buon marito. Sollai, che ha ammesso di aver utilizzato il telefono della moglie dopo averla uccisa per depistare le indagini mandando messaggi a familiari e amici, ha raccontato di averla uccisa con una martellata preso da un raptus, che lei non si è accorta di nulla, morendo sul colpo, e di aver poi gettato in mare l’arma del delitto. Nelle prossime settimane saranno fissati altri interrogatori per definire gli ultimi dettagli del femminicidio di San Sperate.












