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Tra i sintomi non c’è la febbre, ma “raffreddore e spossatezza” sono comparsi martedì 18 agosto. Due “spie” di un possibile contagio da Coronavirus che hanno spinto Luca Gessa, 24enne di Sarroch assunto “come colf e giardiniere da un privato”, ad avvisare il suo datore di lavoro: “Mi ha detto di restare a casa e di chiamare i medici”. Detto, fatto. E, stando a quanto racconta il giovane, è iniziato il calvario: “Ho chiamato la guardia medica, sono stato rimbalzato alla guardia medica turistica e, poi, al mio medico. Lui però si trova a Sarroch, non può fare nulla”. Un primo giro di telefonate, effettuato in poche ore da Gessa. “Alla fine, la guardia medica turistica mi ha accettato, ovviamente telefonicamente, prendendo i miei dati e dicendomi che sarei stato contattato per il tampone. Sono già trascorsi otto giorni e nessuno si è fatto vivo”, lamenta il ventiquattrenne. “Ogni giorno, inoltre, è una battaglia dover ottenere la certificazione per malattia dalla guardia medica turistica, indispensabile anche per non perdere parte del mio stipendio mensile di 1450 euro”.
Gessa bolla la situazione raccontata come “ridicola”. Ha deciso di optare per un autoisolamento volontario nell’appartamento nel quale vive. “Questa, per me, è la prima esperienza lavorativa che faccio lontano da casa”. E, sicuramente, avrebbe voluto viversela meglio, senza l'”incubo” del Coronavirus. “Non so cosa fare. Da qualche giorno non ho più raffreddore e spossatezza, ma non mi fido comunque: e se fossi asintomatico? Non voglio correre il rischio di poter contagiare altre persone. Quand’è che, finalmente, verranno a farmi il tampone?”. Una situazione di isolamento che ha anche i suoi “danni” economici: “Devo ordinarmi tutto online, anche il cibo, e tutti sanno che costa molto, quasi quanto un rene”, sbotta Gessa.