Sono un ragazzo come tutti gli altri, mi piace la tecnologia e uscire con gli amici, faccio un lavoro che amo e mi permette di vivere a testa alta e in autonomia.
A volte è complicato e la paga non rispecchia a pieno le responsabilità e il modo nella quale vengo trattato dalla comunità, ma è un lavoro “sicuro”.
Negli anni ho visto ragazzi crescere, ho visto anziani mai più salire, ho visto lavoratori stremati tornare a casa, ne ho visto di tutti i colori..
Il mio è il lavoro migliore del mondo, almeno per me, faccio l’autista del trasporto pubblico locale della città metropolitana di Cagliari, ebbene si.. l’autista di uno dei tantissimi pullman che vedete girare potrei essere io!
Questo periodo e questa situazione ha piegato tutta la comunità mondiale e forse è proprio questo che ha permesso a molte persone di “evolvere interiormente” o anche di “regredire allo stato primordiale”, vorrei denunciare pubblicamente la seconda faccia di questa regione, il lato del non rispetto per il prossimo, del menefreghismo del bene pubblico, del pensare a se stesso o al farsi vedere dal branco, è sempre esistito, anche io devo ammettere da giovane l’ho fatto, c’è sempre stato, ma c’era un limite..
Vorrei affrontare con voi i problemi di ogni giorno, vorrei parlarvi di chi guida e senza rispetto vedendo un pullman esclama: “lah! Adesso si fa tutte le fermate e arrivo in ritardo..” e questo basta per superare il 10/12/18 metri di mezzo pesante, valicando una striscia continua e magari tagliando la strada o rischiando di fare un frontale con la macchina che sopraggiunge dal lato opposto.
Di chi parcheggia in seconda fila davanti al proprio bar preferito per farsi la colazione, pensando che utilizzare le quattro frecce gli dia il potere di fare tutto.
Di chi parcheggia regolarmente negli stalli ma lascia le ruote sterzate, gli specchietti aperti, a noi quei dieci centimetri servono, capisco che siano una cosa da poco, ma vi invito a guidare o salire sul posto guida e avere la visione che abbiamo noi, capire cosa vuol dire vedere il “culo” del mezzo.
Però, oltre alla regolare mobilità urbana c’è un fenomeno che ormai sta prendendo il sopravvento e sta sfuggendo di mano, parliamo dei figli di nessuno; ragazzi di 10/18 anni che girano per la città senza arte ne parte, senza famiglia che li educhi, senza un minimo di rispetto.
Salgono sul pullman e hanno già capito che possono fare di tutto, ormai si sa, siamo abbandonati a noi stessi, non abbiamo tutela dei pubblici ufficiali, non abbiamo supporto dei nostri addetti e alcuni di noi sono rassegnati a subire in silenzio, sperando che la prossima fermata sia l’ultima, l’ultima dove i ragazzi devono scendere.
Vi voglio raccontare una delle tante situazioni che mi sono successe: eseguo una delle tante fermate di un normale giorno, salgono subito un gruppetto di ragazzi ed esordiscono con parole poco consone ad uno spazio pubblico e per non mancare, devono affermare il proprio territorio con un: “grazie guido! Ora puoi partire!”, in silenzio si chiudono le portine e si prosegue il tragitto.
Il percorso continua con schiamazzi, urla, insulti, chi prova a girarsi una sigaretta e poi se la fuma, ci prenota la fermata senza l’intenzione di scendere, chi inizia a pasticciare i sedili, chi gira il sistema uscita portine di emergenza, in totale assedio del pullman non ci rimane che o supplicare i ragazzi di comportarsi meglio oppure avvisare i nostri addetti che per non mancare nulla ci invitano a chiamare le forze dell’ordine per poi sentirci dire che non hanno pattuglie al momento disponibili.
Si continua a testa bassa, in balia dei “bimbiminkia” (come ormai vengono descritti in gergo), insultati, umiliati e questa situazione per tutto il turno di lavoro, per più giorni alla settimana, ormai è la routine, è il futuro dei giovani che non hanno rispetto e pur di farsi vedere dalla massa è disposto a tutto.
Ogni tanto mi chiedo se si possa fare qualcosa, se realmente noi autisti possiamo fare qualcosa per combattere questa situazione, le sigle sindacali ne sono a conoscenza, i superiori ne sono a conoscenza, le forze dell’ordine ne sono a conoscenza, ma i genitori di questi ragazzi ne sono veramente a conoscenza!?
Spero che questa situazione cambi in qualche modo e che ci permetta di portare a casa il pane in santa pace, senza dover rischiare ogni giorno un’aggressione, senza dover salutare i propri figli come se si andasse in guerra, perché ormai ci sentiamo in questo modo, almeno io.
Grazie per chi ha letto questo romanzo e chi si è posto nella mia posizione, oggi è sabato e si lavora in centro città, su un ultimo turno, metto la mia divisa ed esco di casa, pensando e convincendomi che oggi non succederà nulla e si lavorerà bene…”.
(Lettera firmata)











