Infermieri in rivolta contro la Regione: “Stiamo stanchi e sottopagati. Ora basta”

Il sindacato degli infermieri, il NurSind, è sul piede di guerra: tutte le segreterie della regione scenderanno compatte a protestare, il 31 maggio, sotto il Consiglio Regionale: “La carenza di personale, la stanchezza degli infermieri che lavorano con turni massacranti e non retribuiti il giusto ha pesanti ripercussioni sui pazienti”


Per le ultime notizie entra nel nostro canale Whatsapp

Il sindacato degli infermieri, il NurSind, è sul piede di guerra: tutte le segreterie della regione scenderanno compatte a protestare, il 31 maggio, sotto il Consiglio Regionale, con appuntamento alle ore 10.30

Una manifestazione organizzata per far sentire la voce dei professionisti della sanità, rivendicare i propri diritti di lavoratori, ma soprattutto un caloroso invito alla cittadinanza a partecipare. “La carenza di personale, la stanchezza degli infermieri che lavorano con turni massacranti e non retribuiti il giusto – ha detto Fausta Pileri, sassarese e vicecoordinatrice regionale del sindacato e rappresentante nazionale – ha pesanti ripercussioni sui pazienti. Non dimentichiamo che la tutela della salute è un diritto di tutti noi. Da qui il nostro invito ai cittadini a partecipare alla manifestazione: in queste condizioni gli ospedali non sono in grado di garantire i livelli essenziali di assistenza (LEA), in più con la pandemia anche le più banali visite hanno tempi di attesa lunghissimi”.

I motivi della manifestazione. “Da diverso tempo il nostro Servizio Sanitario Regionale (SSR) trova difficoltà nell’erogare quanto richiesto in termini di LEA – ha affermato Fabrizio Anedda il coordinatore regionale del sindacato delle professioni infermieristiche NurSind – e questo è stato già ampiamente reclamato a mezzo stampa da più parti, sia politiche che sindacali. Si aggiunga che il periodo pandemico ha messo ancora più in luce e aggravato tutte le lacune: economiche, strutturali e organizzative”.

Da più di un anno, ricordano i rappresentanti del NurSind Regione Sardegna, è stata richiamata l’attenzione delle istituzioni, a diversi livelli, proclamando lo stato di agitazione del personale del comparto sanità del settore pubblico che intendevano dare un segno tangibile di dissenso, proclamando uno sciopero generale.

“La gestione della gravissima pandemia che ha colpito anche la nostra regione – ha proseguito Anedda – ci ha fatto desistere dal portare avanti lo sciopero preannunciato, perchè questa azione avrebbe danneggiato i pazienti e i professionisti sanitari, che si sarebbero trovati a sostenere un enorme lavoro in condizioni ancor più critiche. Questo ci è sembrato quantomeno inopportuno. Dunque, l’attività del NurSind si è concentrata per trovare soluzioni attraverso relazioni sindacali con i vertici Aziendali e l’Assessorato. Abbiamo infatti presentato richieste e suggerito noi stessi le soluzioni, perfino siglato delle pre-intese per garantire la piena collaborazione delle professioni infermieristiche in questo periodo critico, indicando legittimi percorsi delineati da Decreti Legge, contratti collettivi, ma soprattutto dal buon senso operativo”.

“Nonostante avessimo messo da parte le nostre azioni rivendicative a favore della coesione per arginare il periodo critico – hanno sottolineato Fausta Pileri e Fabrizio Anedda – sebbene ogni nostra iniziativa fosse rivolta a favorire l’impegno di tutti i professionisti infermieri attraverso un fronte comune, ci siamo ritrovati a essere ignorati e schivati dalle istituzioni regionali, che si rifiutano di convocare il maggior sindacato di categoria infermieristica dell’isola, nonché il primo sindacato sardo nel comparto sanità, per poter discutere questioni di rilievo. E, sia chiaro, non solo di natura contrattuale, come ad esempio la giusta distribuzione degli incentivi governativi inerenti il COVID 19 o la mobilità del personale conseguente all’applicazione della riforma, ma anche la molteplicità di questioni ribadite a oltranza agli organi istituzionali”.

Prestazioni Aggiuntive. “Esiste una grande confusione riguardo alle Prestazioni Aggiuntive richieste alle professioni sanitarie: non si conosce esattamente la retribuzione e diversificazione delle stesse, e non si ha certezza della copertura finanziaria preventivata dalle diverse Aziende”.

Carenza di personale Infermieristico. “Un problema che non trova soluzione o prospettiva di miglioramento, davanti alla carenza preesistente e dei recenti e prossimi pensionamenti, abbiamo – hanno ribadito dal Sindacato – una formazione di neolaureati che non superano i 230 l’anno contro un’uscita notevolmente superiore”.

Carenza del personale di supporto infermieristico. “Sono tantissimi reparti e servizi ospedalieri che, contro quanto disposto dalle normative di riferimento, risultano sprovvisti di questo specifico personale. Questo determina un grande numero di vertenze legali, tutte perse dalle Aziende per demansionamento professionale, mentre tante altre risultano in attesa di giudizio. Soprattutto rileviamo la conseguente ridotta efficienza assistenziale nelle singole Unità Operative”.

Procedure concorsuali. “Le insopportabili lungaggini nelle procedure concorsuali, portano molti neolaureati ad accettare assunzioni da strutture private, come il Mater Olbia, venendo così sottratti al potenziale del comparto sanità pubblica che nel frattempo arranca e si trova a compensare parzialmente con contratti interinali, che hanno un costo maggiore per le Aziende e un impatto negativo da un punto di vista sociale”.

Nessuna programmazione o attuazione di processi di mobilità interna all’interno della più grande azienda ATS, in cui gli stessi dipendenti risultano imprigionati nella propria ASSL e Unità Operativa senza possibilità di spostamento, altrettanto si registra per le mobilità esterne, sistematicamente bloccate. “Non si comprende poi quali vincoli blocchino la stabilizzazione di quel personale che, avendo maturato i requisiti del D.Lgs. 75/2017, potrebbero rappresentare il miglior modo per ridurre il ricorso alle agenzie interinali e rapporti di lavoro a Tempo Determinato, con proficuo vantaggio per i bilanci regionali, aziendali e per i dipendenti stessi”.

Covid e mancate Unità operative. “Nonostante le ripetute segnalazioni, richiami e pre-intese siglate con l’assessorato, nessuna Unità Operativa aziendale, che di fatto svolge attività di cura contro il COVID 19, è stata finora individuata come Unità Operativa di terapia Infettiva e/o sub intensiva meritevole del relativo incentivo previsto dai CCNL. Sebbene – hanno spiegato Anedda e Pileri – la suprema Corte di Cassazione abbia ribadito il diritto alla retribuzione straordinaria per le festività infrasettimanali lavorate da tutti i dipendenti, la Direzione Generale della Regione Sardegna continua a negarlo alle migliaia di lavoratori del settore pubblico, allineandosi a una illegittima interpretazione ARAN, oramai superata dalla giurisprudenza. Allo stesso modo, nonostante le recenti sentenze della Cassazione, nella maggior parte delle aziende sanitarie pubbliche sarde, non vengono istituite le mense per il personale, né vengono riconosciuti buoni pasto sostitutivi per tutti i turni della giornata”.

Nessun Bonus Covid ai professionisti. “Lo smacco più grave verso i lavoratori, da parte di chi amministra, lo si registra nella gestione del Bonus COVID decretato dal governo a favore dei lavoratori del comparto sanitario impegnati in prima linea contro la pandemia, e stanziato per i mesi di marzo-maggio 2020. Come noto, a differenza delle altre regioni, solamente in Sardegna ancora oggi i dipendenti non lo hanno ricevuto”.

“Stanchi per le condizioni di lavoro disagiate, i diritti contrattuali soppressi ingiustamente, le scarse quanto poco chiare garanzie decantate a parole e tradite con i fatti, amareggiati per il trattamento ricevuto da parte di questa amministrazione regionale in termini di riconoscimento e coinvolgimento – hanno concluso i sindacalisti – siamo pronti a manifestare in modo pacifico e in linea con le raccomandazioni anti COVID il 31 maggio, alle ore 10.30, sotto il Consiglio Regionale per fare emergere la nostra contestazione e disapprovazione verso la gestione del Sistema Sanitario Regionale”.


In questo articolo: