Il suono dell’Icona: “L’arte che si fa preghiera”
Un’esperienza artistica e spirituale dove immagine, musica e parola si fondono in un dialogo vivo tra fede e bellezza.
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Da dove nasce l’idea di questo evento così particolare, “Il suono dell’Icona”?
Questo progetto ha preso vita circa un anno fa, dall’incontro tra due artisti. Dopo mesi di dialogo, riflessione e preparazione, l’evento è stato programmato con cura per essere non solo un’esibizione, ma una vera esperienza spirituale condivisa.
“Siamo entusiasti e profondamente grati di poter finalmente presentarlo al pubblico, perché per noi rappresenta il compimento di un cammino di ascolto, preghiera e collaborazione”.
L’idea nasce dal desiderio di unire arte iconografica, musica e spiritualità in un’unica esperienza. Non un concerto, non una lezione, ma un atto di contemplazione viva, dove l’icona prende forma davanti agli occhi dei presenti, accompagnata dal respiro del flauto e dal silenzio. È un modo per permettere al pubblico non solo di guardare, ma di abitare il mistero dell’immagine sacra.
In cosa consiste concretamente l’evento?
Durante la serata, l’iconografo Michele Antonio Ziccheddu scriverà dal vivo il Volto Santo di Cristo (Mandylion), secondo i canoni millenari tramandati nella tradizione iconografica. Per questa occasione l’opera sarà realizzata solo a carboncino, per concentrare l’attenzione sull’armonia e sulla sacralità dei tratti che definiscono il volto. Accanto a questo gesto, il maestro Daniele Pasini darà voce al flauto traverso, con improvvisazioni che dialogano con la Parola proclamata e con il disegno che prende forma. Il tutto immerso in momenti di silenzio meditativo.
Perché avete scelto proprio il Volto Santo come soggetto?
Perché il Volto di Cristo è il cuore della fede cristiana: l’Invisibile che si rende visibile. Nell’icona del Mandylion non troviamo un’immagine “inventata”, ma la fedeltà a un canone che custodisce la memoria del Volto risorto. È l’immagine di un Dio che si lascia incontrare e che continua a guardare ciascuno di noi.
Quale ruolo ha la musica in tutto questo?
La musica non accompagna semplicemente, ma dialoga con l’immagine. Il flauto, con il suo suono puro e quasi “spirituale”, diventa preghiera. In alcuni momenti l’improvvisazione nasce dal silenzio, in altri si lascia ispirare dai testi biblici e dalla tradizione cattolica. È come se il suono dell’icona uscisse dal disegno stesso, dando voce a ciò che non si può dire con le parole.
Qual è l’esperienza che volete far vivere a chi parteciperà?
Vogliamo offrire un’esperienza sensibile e spirituale insieme: vedere il volto che prende forma, ascoltare il respiro del flauto, sostare nel silenzio, nutrirsi della Parola proclamata. È un percorso che tocca i sensi, ma conduce oltre, verso una contemplazione che diventa incontro con l’Invisibile. Non qualcosa da guardare dall’esterno, ma da abitare interiormente.
Chi sono gli artisti che guideranno questa esperienza?
Michele Antonio Ziccheddu, teologo e iconografo, fondatore dell’Accademia Santu Jacu, dove insegna iconografia cristiana e tecniche pittoriche antiche. Nella sua ricerca unisce arte, spiritualità e teologia, nella consapevolezza che l’icona non sia semplice pittura, ma preghiera in immagine.
Daniele Pasini, flautista con formazione classica e docente di scuola primaria, da anni si dedica alla libera improvvisazione, anche nell’ambito della musica sacra. Nei suoi progetti cerca sempre il dialogo tra musica e spiritualità, facendo del suono un’esperienza interiore e contemplativa e nella didattica ricerca sempre l’interdisciplinarità.
Perché definire questo evento “unico”?
Perché non si tratta di uno spettacolo da applaudire, ma di un cammino da vivere. Ogni volta è diverso, irripetibile: il volto nasce dal vivo, il suono si crea nell’istante, il silenzio si fa parola. È un’esperienza che coinvolge tutti i sensi e conduce al cuore della fede: contemplare il Volto del Risorto.
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