Goletta Verde, striscione per dire no alle trivelle in Sardegna

Iniziate le analisi nelle acque sarde


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È ora di dire basta ad una inutile corsa al petrolio. Già oggi le aree interessate dalle attività petrolifere occupano una superficie marina di circa 24mila kmq, un’area grande come la Sardegna. Le quantità stimate sotto il mare italiano sono di appena 10 milioni di tonnellate e stando ai consumi attuali, si esaurirebbero in soli due mesi. Continuare a rilanciare l’estrazione di idrocarburi nel mar Mediterraneo e l’apertura alle compagnie petrolifere della Zona E tra la Sardegna e le Baleari,  è solo il risultato di una strategia insensata che non garantisce nessun futuro energetico per il nostro Paese e incrementa i rischi e i danni per il mare e l’ambiente. Purtroppo anche l’attuale Governo sembra confermare questa scellerata strada.

               

Goletta Verde, la storica imbarcazione ambientalista, è approdata questa mattina a Cagliari e rilancia il tema delle estrazioni petrolifere, tornato d’attualità proprio nelle ultime settimane: al ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi Legambiente consegna una delle cinque bandiere nere nazionali, il poco ambito vessillo che ogni anno l’associazione attribuisce ai progetti e alle scelte che recano danno e rischi per il mare e le coste italiane. Nelle ultime settimane infatti il ministro è tornata più volte sulla necessità di puntare sui giacimenti di petrolio nazionale e di sbloccare le attività estrattive, tra cui le numerose richieste off-shore che oggi attendono di andare avanti.

 

“Questa classe dirigente sta andando verso il ventunesimo secolo con gli occhi rivolti al secolo passato, nonostante i numeri dimostrino l’assoluta insensatezza di continuare a puntare sul petrolio – afferma Serena Carpentieri, portavoce di Goletta Verde -. Alla trasformazione energetica che negli ultimi dieci anni ha portato ad una quasi completa uscita dal petrolio dal settore elettrico, si risponde con un attacco senza precedenti alle risorse paesaggistiche e marine italiane, che favorirebbe soltanto l’interesse di pochi e sempre degli stessi: le compagnie petrolifere. Inoltre le realtà locali restano succubi di queste scelte scellerate: Regioni, Province e Comuni sono, infatti, ormai tagliate fuori dal tavolo decisionale. Il futuro, la bellezza, l’economia del nostro Paese viene svenduto per pugno di taniche”.

 

“Nel settembre scorso Legambiente aveva già denunciato l’assurdità del decreto “pro-trivelle” approvato dall’allora ministro dello sviluppo economico Zanonato – aggiunge Vincenzo Tiana, presidente di Legambiente Sardegna -. Un provvedimento che non solo non ha ridotto le aree ancora oggi concesse alle compagnie petrolifere, ma anzi le ha aumentate, Infatti la norma individuava una nuova area, denominata Zona E, al largo del golfo di Oristano per dare la possibilità di avviare anche lì la ricerca e l’estrazione di idrocarburi. I risultati sono arrivati subito dopo:  21mila kmq circa richiesti dalla Schlumberger Italiana per avviare indagini alla ricerca di giacimenti di idrocarburi, richiesta in fase di valutazione presso la commissione Via del ministero dell’Ambiente. Ci opponiamo fermamente al rischio che la Sardegna diventi il nuovo Eldorado delle compagnie petrolifere; un territorio di inestimabile valore naturalistico che non può permettersi di ipotecare il proprio futuro, subendo scelte scellerate ed esponendosi a enormi rischi ambientali”.

 

Grazie alla produzione da fonti rinnovabili intanto in Italia, come è emerso dal nostro Rapporto Comuni rinnovabili, sono 2629imunicipi autonomi rispetto ai consumi elettrici e 79 rispetto a quelli termici delle famiglie. Gli oltre 700 mila impianti hanno garantito il 32,9 % dei consumi elettrici e il 15% di quelli complessivi. Non dimentichiamo, inoltre, che il nostro Paese è riuscito ad essere totalmente autonomo dalle fonti fossili per due ore lo scorso 16 giugno. Per questo è importante investire su una politica energetica basata su fonti pulite, facendo scelte lungimiranti, e farsi promotori di politiche internazionali di tutela di tutto il mar Mediterraneo, piuttosto che continuare a seguire la strada del petrolio. Su questo l’Italia può  e deve giocare la sua capacità competitiva internazionale.


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