Che Gigi Riva sia una sorta di monumento vivente del calcio sardo e italiano non c’è nessun bisogno di evidenziarlo, i numeri parlano per lui. Tanto per citarne qualcuno: nel Cagliari disputò 315 partite andando a segno 164 volte, con una media superiore a un gol ogni due partite. Vinse tre volte la classifica capocannonieri della serie A nel Cagliari degli anni d’oro, portandolo alla vittoria dello scudetto nel 1970: ben più di una pagina della storia e del palmares della società rossoblù porta la sua firma.
Arrivò anche ad un passo dal vincere il Pallone d’oro (secondo nel 1969 dietro Rivera, terzo l’anno successivo dietro Muller e Moore), un trofeo mancato che però non scalfisce minimamente la grandezza di questo immenso giocatore, che è entrato nel cuore di ogni sardo non solo per i pur grandissimi meriti sportivi, ma anche e soprattutto per aver deciso di legare indelebilmente il suo nome e il suo destino alla società sarda: Riva respinse sistematicamente al mittente qualsiasi offerta proveniente dai grandi club settentrionali, in un periodo storico in cui il vento del nord soffiava più forte che mai.
Ma “Rombo di tuono” (appellativo affibbiatogli dallo storico giornalista Gianni Brera, uno che certo non si sprecava a dare nomignoli al primo che passava) ha accresciuto la sua carriera e dato ossigeno al suo mito anche grazie all’impressionante score con la maglia della Nazionale azzurra: un europeo vinto nel 1968, una finale dei mondiali persa due anni dopo col Brasile di Pelè conquistata grazie anche ai suoi gol, ma soprattutto 42 presenze e 35 reti, una media stratosferica degna dei più grandi campioni appartenenti al gotha della storia del calcio.
Un bottino che ancora oggi, a quarant’anni di distanza, è rimasto irraggiungibile per chiunque. Ed è proprio per questa ricorrenza che anche la Panini ha deciso di rendere onore al grande campione di Leggiuno dedicandogli una sezione di quattro pagine nell’almanacco illustrato di calcio, una vera e propria istituzione per gli amanti del calcio e delle statistiche che comunque, per dovere di cronaca, già nel 1970 e nel 1971 gli dedicò la copertina.
E in questa sezione Gigi Riva si lascia andare al racconto di particolari inediti e aneddoti simpatici: la prima sigaretta fumata in nazionale, vizio dal quale ancora oggi non è riuscito a separarsi (malgrado non ne vada molto fiero); o la sconfitta nella finale del mondiale col Brasile, che vinse quella partita grazie anche al gol di Pelè – irregolare perché “Pelé per far gol mise le mani su Burgnich facendo fallo” –, una partita che però, pur non essendoci controprova, “se l’avessimo giocata al livello del mare sarebbe stata un’altra storia”. Ma ciò di cui si mostra davvero fiero il caro vecchio Gigi è qualcosa che esula dal calcio giocato. In occasione dell’esordio di Lippi da CT della nazionale in Islanda (periodo in cui Rombo di tuono ricopriva ancora il ruolo di manager accompagnatore), un bambino lo riconobbe dicendogli: “Sei Gigi Riva. La tua storia me l’ha raccontata il mio papà”. Ciò che fu un grande motivo d’orgoglio per il bomber rossoblù: “Che si tramandi la mia storia di padre in figlio è una cosa difficile da spiegare, ma sicuramente stupenda”.