“Fu un re feroce, targa in piazza Yenne a Cagliari per raccontare la tirannia di Carlo Felice”

La mozione del gruppo Psd’Az nel consiglio comunale di Cagliari mira a installare pannelli esplicativi in 3 lingue sotto il monumento del sovrano sabaudo “autore di una crudele repressione dei rivoluzionari sardi”. No allo spostamento della statua. Una strada del capoluogo sarà intitolata a “Sa Die de Sa Sardigna”.


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Carlo Felice Re “feroce”, secondo alcuni studiosi e, come tale, da ricordare con l’installazione di pannelli esplicativi accanto alla sua statua tra il Largo e Piazza Yenne, per illustrare ai più una storia poco nota.  
È quanto chiede a Cagliari il gruppo Psd’Az, con una mozione rivolta al sindaco (primi firmatari i consiglieri Antonella Scarfó e Marcello Polastri). La mozione prevede infatti l’installazione di pannelli esplicativi multilingue per la statua di Carlo Felice e per la storica Porta di Palabanda, nonché la promozione culturale della storia sarda con l’intitolazione di una via al 28 Aprile 1794 “Sa Die de sa Sardigna”.
“Carlo Felice, prima Viceré e successivamente Re di Sardegna, governò, dopo l’abdicazione di suo fratello Vittorio Emanuele I, dal 1821 fino alla sua morte nel 1831, in modo rigido ed autoritario tanto da guadagnarsi il soprannome di “Carlo Feroce” sostiene la consigliera Scarfó.
“Nel 1827, venne realizzato, per volontà degli Stamenti, uno dei tre bracci dell’antico Parlamento sardo e, per volontà dello stesso sovrano, il monumento in onore al Re Carlo Felice: statua che raffigura il Re nelle vesti di un soldato romano con l’elmo in testa, la corazza e con indosso una toga. L’opera venne poi completata nel 1860, con il basamento realizzato dall’architetto Gaetano Cima e quindi posizionata nella centralissima piazza Yenne.
“Fu lo storico Pietro Martini a documentare di come Carlo Felice mirò a conservare in Sardegna, lo stato di sfruttamento e arretratezza con le decime, coi feudi, coi privilegi, col foro clericale, col dispotismo viceregio, con l’iniquo sistema tributario, col terribile potere economico e coll’enorme codazzo degli abusi, delle ingiustizie, delle ineguaglianze e delle oppressioni intrinseche ad ordini di governo nati nel Medioevo” afferma Marcello Polastri, tra i promotori della mozione. Anche lo storico Raimondo Carta Raspi ci ricorda invece che Carlo Felice “Ai feudatari, da viceré, diede carta bianca per dissanguare i vassalli. Mentre a personaggi come Giuseppe Valentino affidò il governo: questi svolse il suo compito ricorrendo al terrore, innalzando forche soprattutto contro i seguaci di Giovanni Maria Angioy, tanto da meritarsi, da parte di Giovanni Siotto-Pintor, l’epiteto di carnefice e giudice dei suoi concittadini”.
È dello stesso parere lo storico Francesco Cesare Casula che nel suo libro “Carlo Felice e i tiranni sabaudi”, definisce Carlo Felice come “il peggiore fra i sovrani sabaudi, da viceré come da Re fu crudele e feroce, famelico, gaudente e ottuso” e documenta come Carlo Felice incaricò il giudice Valentino di innalzare in tutti i paesi della Sardegna centinaia di forche per impiccare i seguaci di Giovanni Maria Angioy, protagonista dei moti rivoluzionari sardi contro il sistema feudale.
“Sia chiaro che – ribadisce Polastri – nonostante alcuni importantissimi e lodevoli interventi finalizzati al miglioramento delle infrastrutture, i Savoia, secondo quanto sostengono numerosi studiosi, avrebbero agito sempre nel complesso contro l’interesse del popolo sardo, promuovendo una politica a favore dei feudatari, padroni assoluti, a discapito della Sardegna che, durante il viceregno e poi il regno di Carlo Felice, versava in condizioni disperate. E ci fu infatti una repressione che caratterizzò il regno del “tiranno sabaudo”, e che fece numerosissime vittime tra la Mozione mira a ricordare: i seguaci di Giovanni Maria Angioy; il notaio Francesco Cilocco, eroe nazionale sardo, martire e patriota assassinato all’età di 33 anni, dopo essere stato torturato per aver propugnato idee di libertà in contrasto con la tirannia sabauda; Francesco Sanna Corda, sacerdote, ucciso dalle truppe dei Savoia nel 1802 mentre tentava un’insurrezione contro l’oppressione feudale e il regime sabaudo; i patrioti che parteciparono alla cosiddetta “Congiura di Palabanda” e, in particolare, l’avvocato Salvatore Cadeddu, accusato di essere uno dei principali autori dell’insurrezione: venne impiccato e il suo corpo bruciato.
Poi – sostengono Scarfó e Polastri – i numerosi ecclesiastici democratici, preti e frati, che lottavano contro il feudalesimo”.
Attualmente la statua di Carlo Felice, è ancora oggetto di varie polemiche, perlopiù di divisioni tra chi ne promuove la rimozione e chi, invece, sostiene che la statua costituisce parte integrante del centro storico, della storia di Cagliari e con essa della Sardegna, nonché il simbolo della centrale piazza Yenne, ed anche punto di riferimento, in senso fisico, di tutti i Cagliaritani e un “luogo-simbolo” dei festeggiamenti dei tifosi del Cagliari Calcio. Ad ogni modo un monumento che, oramai, fa parte anche dell’immaginario collettivo, delle immagini della Cagliari di ieri e di oggi e, come tale, non può essere spostata.
La storica figura di Carlo Felice, tuttavia, rappresenta anche la dinastia dei Savoia che governarono la Sardegna, secondo alcuni studiosi, in maniera “atroce”. Da qui l’idea di una mozione sardista nel profondo, per impegnare il Sindaco e la Giunta comunale a installare dei pannelli esplicativi, almeno in tre lingue (sardo, italiano, inglese), in armonia con i caratteri storico-culturali e urbanistici del Largo Carlo Felice, finalizzati a illustrare la figura dell’omonimo Re, quel Carlo Felice “tiranno feroce” e a spiegare, altresì, cosa comportò il suo governo al popolo sardo, citando le vittime illustri durante il suo Regno.
A installare dei pannelli esplicativi, almeno in tre lingue (sardo, italiano, inglese), in armonia con i caratteri storico-culturali e urbanistici presenti nel corso Vittorio Emanuele II, affinché venga illustrata la storia dell’Arco o Porta di Palabanda e dell’omonima congiura, citando essenzialmente cosa accadde, effettivamente, in quel contesto sconosciuto ai più.
Infine, a promuovere iniziative culturali sull’identità, la lingua e la storia della Sardegna, non solo nella cartellonistica esplicativa e nell’intitolazione delle vie ma, altresì, nelle scuole e nei luoghi pubblici, affinché ci sia più consapevolezza sulla storia locale e isolana.
E poi a intitolare, una via, una piazza o una passeggiata, al “28 Aprile 1794 – Sa Die de sa Sardigna”.
La mozione è stata depositata dai Consiglieri comunali: Antonella Scarfó, Marcello Polastri, Loredana Lai e Roberto Mura.


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