S’intitola “Esodo” / tributo a Sergio Atzeni la pièce originale scritta, diretta e interpretata da Valentino Mannias (produzione Sardegna Teatro), in cartellone DOMANI (sabato 13 maggio) alle 20.30 al Ts’E / Teatro Sant’Eusebio di via Quintino Sella, nel cuore di Is Mirrionis a Cagliari per la prima stagione di “Teatro Senza Quartiere”organizzata dal Teatro del Segno (con la direzione artistica di Stefano Ledda).
Focus sul tema dell’emigrazione da una terra splendida ma amara, madre e matrigna, con lo spettacolo firmato dal giovane attore sardo (uno dei più interessanti talenti dell’Isola, diplomato alla Civica Scuola “Paolo Grassi” di Milano, e già vincitore del prestigioso Premio Hystrio alla Vocazione nel 2015) e incentrato sulle (dis)avventure di un uomo che lascia la sua patria – tra mille sogni e speranze, auspici, sorrisi e qualche segreto rimpianto – in cerca di fortuna.
Un viaggio che altri prima di lui nella sua stessa famiglia, così come tanti compaesani, hanno affrontato nel corso delle generazioni, nel tentativo di ottenere una vita migliore o più semplicemente un lavoro, o anche per studiare e perfezionarsi, sperimentando quella sottile nostalgia di chi parte abbandonando un mondo conosciuto – e spesso i propri cari, le amicizie, magari un amore – per andare incontro all’ignoto.
L’Isola al centro del Mediterraneo – ora meta, o tappa obbligata per donne e uomini, bambini e ragazzi che sfidano la sorte e il mare per sfuggire a guerre, persecuzioni, carestie o semplicemente alla miseria e alla fame – è stata per secoli patria di migranti, che varcavano il mare o gli oceani per trovare un lavoro, per riuscire a sostenere o aiutare la famiglia, covando quasi sempre la speranza, o il miraggio, del ritorno.
“Esodo” di Valentino Mannias – con un titolo emblematico che evoca remoti eventi biblici ma anche le più recenti ondate migratorie, e un dichiarato omaggio all’autore de “Il quinto passo è l’addio” – racconta l’esperienza insieme vagheggiata e temuta di superare quel confine concreto, ma anche metafisico, tracciato inequivocabilmente dalla distesa d’acqua salata, per approdare su altri lidi, tra gente nuova e sconosciuta. Un salto nel buio, anche nell’era dei voli low cost, per non dire dell’auspicata continuità territoriale: un rito di passaggio, in fondo, per un giovane uscito dall’alveo della famiglia, e della comunità in cui è cresciuto, che si trovi a confrontarsi con usanze e stili di vita differenti, un’altra cultura quando non un’altra lingua, per immettersi nelle ferree regole del mondo del lavoro.
La pièce propone uno spaccato della società sarda e della dimensione di una piccola cittadina attraverso i decenni, seguendo il filo dei ricordi e delle esperienze trasmessi di generazione in generazione, dai padri ai figli, ai nipoti, insieme ai consigli pratici, alle raccomandazioni, agli auguri: «Bona fortuna e bonu viaggiu fillu miu, e abarra attentu!». Infinite sono le possibilità, e molteplici le opportunità offerte dal vasto mondo ma anche i pericoli che attendono i viaggiatori: il giovanile entusiasmo aiuta a superare difficoltà e eventuali fallimenti, ma non basta a far da scudo contro insidie o malafede, e visto dall’Isola quell’altrove resta comunque troppo, e irrimediabilmente lontano.
Inutile svelare in anticipo le peripezie dell’ “eroe” della storia (che condivide ansie e dubbi, successi e insuccessi, desideri e inquietudini con un (invisibile) compagno d’avventura), scandite a tempo di musica dalla colonna sonora firmata e interpretata dal vivo da Luca Spanu, coprotagonista di questa intrigante e coinvolgente “partitura” teatrale in cui parole e note, suoni e azioni si compenetrano in un universo simbolico di cui il pubblico è spettatore e partecipe. Una storia di (stra)ordinaria precarietà e quindi di emigrazione, che assomiglia e riunisce in sé altre simili epiche del quotidiano, un appassionato e appassionante “diario di viaggio” denso di umanità, a tratti struggente, poi lieve, ironico e amaro come il futuro che (non) abbiamo saputo inventare e costruire per i “nostri” figli.













