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Uscita dal coma farmacologico e in fase di “rinascita” dopo tante settimane difficili. Molto. Erika Mascia, postina di trentasette anni, di Senorbì, “ma ormai vivo a Cagliari da anni”, lo scorso undici giugno è stata travolta da un bus in via Bacaredda. Stava attraversando la strada, fuori dalle strisce, per andare a prendere dei pacchi da consegnare. Una disattenzione, però, le è costata cara: ha guardato verso destra, in direzione del mercato di San Benedetto, ma non verso sinistra, dove c’è la corsia dei pullman. L’impatto è stato molto forte, e la trentasettenne è stata portata al Brotzu in codice rosso. Una serie di interventi chirurgici d’urgenza per il grave trauma cranico e addominale subìto e il reparto di Rianimazione. Poi, la lenta “uscita dal tunnel”, grazie ai medici del reparto di Neuroriabilitazione. Oggi, Erika Mascia ha vinto la sua “battaglia” contro la morte: “Mi hanno dimessa dall’ospedale il tredici agosto”. La strada verso la guarigione completa non è breve, e per i prossimi mesi dovrà continuare a frequentare il Brotzu. La ragazza ha scritto una lunga lettera, spedita via email al nostro giornale, dove ripercorre ciò che le è capitato e lancia, verso la fine, un chiaro appello. Eccola, di seguito.
“Sono Erika, ho 37 anni.e sono di Senorbì (ormai vivo a Cagliari da anni).
Lavoro da novembre 2019 per Poste Italiane, circondata da persone stupende.
Prima di questa estate lavoravo come guida turistica, sono laureata in Scienze Politica e conosco le lingue; facevo corsi di danza, uscivo e mi divertivo come fanno tutte le persone della mia età. Purtroppo l’11 giugno di quest’anno, mentre lavoravo e attraversavo la strada, sono stata investita da un pullman del Ctm e sono stata ricoverata in coma farmacologico nella Rianimazione dell’ospedale Brotzu con trauma cranico e diverse fratture. Grazie alle loro cure (devo loro la vita) mi sono svegliata dopo due settimane (il giorno prima del mio compleanno), e sono stata trasferita prima nel reparto di Neurochirurgia e successivamente nel reparto di Neuroriabilitazione per cominciare il recupero.
Non è stato facile: mi guardavo allo specchio e piangevo perché non sopportavo di vedermi rasata e con la faccia storta, mangiavo attraverso un sondino nel naso, urinavo tramite il catetere; ero bloccata a letto, non riuscivo a muovermi (avevo la clavicola rotta); dolori da tutte le parti, ero diventata molto debole, magrissima. Ma per fortuna ero finita in un reparto dove tutti, dall’ausiliario ai medici, mi hanno curata con professionalità e affetto: ho fatto subito tutte le visite specialistiche di cui avevo bisogno: non sentivo bene e ho fatto la visita otorino (tuttora in corso e ancora da risolvere), avevo un’occhio sempre aperto e sono arrivati subito gli oculisti, avevo la clavicola rotta e ho fatto la vita ortopedica, inoltre tutti i giorni venivo visitata e sottoposta a una riabilitazione (fisioterapisti, logopedisti) a 360 gradi, dal mangiare al muovermi, e soprattutto c’era un clima di attenzione assoluta. Ora finalmente sono a casa, cammino decentemente, mangio da sola, vedo meglio, il mio viso non è più storto, la clavicola è guarita. Tuttora vedo e parlo con i miei “compagni di reparto” ancora ricoverati, e sono anche a conoscenza dell’imminente trasferimento del reparto dall’ospedale Brotzu all’ospedale Oncologico. Mi domando preoccupata come sarà possibile curare pazienti come me all’ospedale Oncologico, struttura certamente eccellente ma per i pazienti con il cancro, senza Cardiologo di notte e nel week end, senza Neurochirurgo, senza Ortopedico, senza otorinolaringoiatra, oculista, urologo? Che colpa abbiamo noi ‘gravi cerebrolesi’ se all’improvviso la nostra vita cambia e abbiamo bisogno di essere curati contemporaneamente da tanti professionisti? Perché azzoppare un reparto super specialistico, creato circa 10 anni fa con tanto sacrificio e che oggi funziona così bene, al punto di essere al livello di città come Ferrara, dove esiste una Neuroriabilitazione di rilievo nazionale? Ancora voglio e devo guarire, sostenendo anche il meraviglioso reparto e i migliori medici, infermieri, Oss, fisioterapisti che ho conosciuto sinora. Perché costringerci nuovamente ai ‘viaggi della speranza’?”.