Ergastolo e un anno di isolamento diurno per Igor Sollai, 43 anni, reo confesso dell’omicidio della moglie Francesca Deidda, 42, uccisa un anno fa nella loro casa di San Sperate mentre lei riposava sul divano. I giudici, presieduti da Lucia Perra, dopo tre ore e mezzo di camera di consiglio hanno accolto quasi integralmente l’impianto accusatorio del pubblico ministero Marco Cocco, riconoscendo le aggravanti della premeditazione, della crudeltà e della minorata difesa. Non è stata invece riconosciuta quella dei futili motivi.
Sollai, in aula a poca distanza dai familiari di Francesca, è rimasto impassibile: ha ascoltato la lettura della sentenza senza mostrare alcuna reazione. Dopo un breve confronto con i suoi avvocati, Laura Pirarba e Carlo Demurtas, è stato riportato nel carcere di Uta, dove si trova detenuto dal giorno dell’arresto. In aula erano presenti anche i genitori dell’imputato e alcune colleghe di lavoro della vittima.
Sollai, in aula a poca distanza dai familiari di Francesca, è rimasto impassibile: ha ascoltato la lettura della sentenza senza mostrare alcuna reazione. Dopo un breve confronto con i suoi avvocati, Laura Pirarba e Carlo Demurtas, è stato riportato nel carcere di Uta, dove si trova detenuto dal giorno dell’arresto. In aula erano presenti anche i genitori dell’imputato e alcune colleghe di lavoro della vittima.
La corte ha inoltre stabilito una provvisionale di 100mila euro in favore del fratello della vittima, Andrea Deidda, mentre le ulteriori richieste di risarcimento, per un totale di 1,4 milioni di euro, saranno quantificate in sede civile. “Sono soddisfatto. Le cose certo non cambieranno perché mia sorella non c’è più e non tornerà. Ma per la giustizia sono molto soddisfatto, per il lavoro svolto e la sentenza sono soddisfatto”, ha commentato a caldo Andrea. Disposta anche la restituzione dell’abitazione della coppia agli aventi diritto e il pagamento delle spese processuali da parte dell’imputato.
“Si aspettava questa condanna, nessuna sorpresa”, hanno dichiarato i difensori al termine dell’udienza.
“Si aspettava questa condanna, nessuna sorpresa”, hanno dichiarato i difensori al termine dell’udienza.
La vicenda risale al 10 maggio 2024, quando Francesca Deidda scomparve improvvisamente da San Sperate. Il suo corpo venne ritrovato due mesi dopo, il 18 luglio, chiuso in un borsone nero da calcetto e abbandonato nelle campagne tra Sinnai e San Vito, lungo la vecchia statale 125, grazie al fiuto dei cani molecolari. Decisiva per la svolta nelle indagini la scoperta del gps installato sul camion da lavoro di Sollai, che ha permesso agli inquirenti di ricostruire nel dettaglio gli spostamenti dell’autotrasportatore nei giorni successivi alla scomparsa della moglie.
A inchiodarlo, anche una lunga serie di ricerche online: secondo l’accusa, l’uomo avrebbe cercato informazioni su come nascondere un cadavere, scavare una fossa e sugli effetti di un colpo violento alla testa. Tra le ricerche, anche come acquistare cianuro.
Nei giorni successivi al delitto, Sollai aveva utilizzato il telefono della moglie per inviare messaggi a parenti, amici e colleghi e far credere a un allontanamento volontario. Aveva persino compilato online, a nome di Francesca, le pratiche per il licenziamento dal lavoro. Aveva anche acquistato alcune piante, pagate con la carta di credito, con l’intento di coprire il luogo in cui aveva nascosto il corpo.
In aula, al momento della lettura della sentenza, anche i genitori di Sollai: il 43enne aveva confessato il femminicidio a novembre scorso, dopo averlo negato per mesi. Ma non ha mai fatto ritrovare né l’arma del delitto, un martello da muratore, né il telefonino di Francesca.
A inchiodarlo, anche una lunga serie di ricerche online: secondo l’accusa, l’uomo avrebbe cercato informazioni su come nascondere un cadavere, scavare una fossa e sugli effetti di un colpo violento alla testa. Tra le ricerche, anche come acquistare cianuro.
Nei giorni successivi al delitto, Sollai aveva utilizzato il telefono della moglie per inviare messaggi a parenti, amici e colleghi e far credere a un allontanamento volontario. Aveva persino compilato online, a nome di Francesca, le pratiche per il licenziamento dal lavoro. Aveva anche acquistato alcune piante, pagate con la carta di credito, con l’intento di coprire il luogo in cui aveva nascosto il corpo.
In aula, al momento della lettura della sentenza, anche i genitori di Sollai: il 43enne aveva confessato il femminicidio a novembre scorso, dopo averlo negato per mesi. Ma non ha mai fatto ritrovare né l’arma del delitto, un martello da muratore, né il telefonino di Francesca.