Il segnale che gli italiani hanno mandato è forte e chiaro: alla politica non ci credono più. Non credono più a parole e promesse, perché vedono i fatti. E i fatti raccontano di un Paese disastrato, in cui i giovani hanno zero o quasi possibilità e dove la politica si limita a celebrare un rito di autoassoluzione sempre uguale a se stesso. Analisi del voto, mea culpa, festeggiamenti. E poi, tutto torna come prima, con le bollette schizzate all’inverosimile e l’incapacità di andare incontro a bisogni e sogni di ognuno.
A urne chiuse, il primo dato che emerge prepotente è dunque la scarsa affluenza al voto di queste amministrative: solo il 54.69% dei cittadini, infatti, si è presentato all’appuntamento elettorale che ha coinvolto 1.153 comuni in tutta Italia. Si tratta di quasi il 7% in meno (per l’esattezza il 6.89%) rispetto a quel 61.58% registrato nelle passate elezioni. Tutte le regioni italiane interessate dalle comunali hanno registrato una flessione. La regione con la più bassa affluenza è stata la Lombardia (51.10%). Quella dove si è registrato un afflusso maggiore è stata l’Umbria, con il 65.14%. A Milano si è presentato alle urne a malapena un elettore su due (il 48.81%). A Torino esattamente la metà degli aventi diritto (50.15%). A Roma ancor meno di quella percentuale: solo il 49.92%, oltre l’8% in meno rispetto alle passate elezioni (57.96%). A Bologna un 51.88% stride rispetto al 60.08% registrato in precedenza.
L’unica eccezione in questo panorama è rappresentata da Prato: qui ha votato il 52.57% degli aventi diritto, un +1.15% rispetto al 51.42% dello scorso turno. Tutti gli altri comuni, invece, hanno davanti il segno meno. C’è chi, pur di non ammettere che la distanza fra politica e cittadini, persino quando si parla di amministrative dunque di quello che è più vicino alla vita di ciascuno, evoca la paura del Covid. E no, non è quello: è proprio una scelta. Chiara. Su cui i politici dovrebbero riflettere. Seriamente e in silenzio.













