Il figlio minorenne positivo, lei e il marito negativi. Una famiglia di Assemini, dallo scorso 25 luglio, è letteralmente tenuta sotto scacco dal Covid. Meglio, dalle lungaggini e, soprattutto, dalle “assenze burocratiche” legate al virus. I fatti: sedici giorni fa il tampone che certifica la positività del ragazzino. I genitori avvisano subito il medico di famiglia, “ma dall’Ats non è mai arrivata nessuna chiamata per almeno undici giorni. Un bel calvario, mio figlio aveva anche i sintomi del virus”, racconta la madre, una 50enne. La telefonata della “parziale” salvezza è arrivata “solo dopo che, tramite una serie di contatti, siamo arrivati direttamente al sottosegretario Pierpaolo Sileri. Dopo undici giorni di vita da blindati in casa gli abbiamo spedito una email. La sera stessa l’Ats ci ha chiamato, e oggi mio figlio ha potuto fare il tampone alla Cittadella della salute di via Romagna a Cagliari. Un collaboratore di Sileri ci ha ricontattato, spiegandoci che sanno che ci sono tantissime situazioni come la nostra”. Messaggio ricevuto, quindi.
Ma c’è anche spazio per la beffa: “Io sono in quarantena”, spiega la donna, “a casa siamo tutti negativi tranne mio figlio. In teoria, avendo iniziato l’isolamento il 25 luglio scorso, l’avrei già finito. Ma l’Ats, invece, vuole che io faccia un tampone”. E tra quanto? “Tra dieci giorni. Nonostante sia negativa. Assurdo, quando potremo davvero uscirne?”.










