Ha superato da qualche giorno la “dead line” prospettata dai medici che, sette mesi fa, gli hanno diagnosticato “un adenocarcinoma del pancreas”. Giuseppe Caria, ex portuale di Capoterra, a 53 anni respira ancora e ogni giorno che passa ringrazia il cielo di essere ancora vivo, anche se sa che il suo destino, purtroppo, è segnato. “È un malato terminale”, spiega, accanto a lui, la nuora, Giulia Dessì. Caria ha a malapena la forza di parlare a bassa voce, sdraiato sul divano di casa, sfiancato dal maledetto tumore. E da una sanità, pubbica, che non gli sta garantendo dei presìdi fondamentali per alleviare, di poco, le sofferenze nell’ultimo periodo della sua vita: “Da venerdì scorso siamo senza la pompa elastometrica, fondamentale per la somministrazione della morfina. Siamo stati alla farmacia dell’Assl della Fiera di Cagliari, ci hanno detto di chiederla al Businco”, spiega la Dessì. “Il giorno di Natale Giuseppe ha rischiato un infarto dovuto ai forti dolori, perchè la pompa che abbiamo è malfunzionante. Siamo stati all’ospedale, ma non possono darcene una togliendola ai pazienti. Ci è stato detto di fare una denuncia, abbiamo informato la farmacia della Fiera e ci hanno risposto che la situazione non sarebbe cambiata”.
Una situazione folle e tragica, quindi, stando alla denuncia della giovane e del cinquantatreenne: “Mio suocero è un malato oncologico terminale, seguito a casa con l’assistenza domiciliare integrata. La farmacia territoriale ci sta lasciando senza gli ausili per accudirlo”. Quelle dosi di morfina rappresentano l’unico modo per alleviare il calvario di una morte che è già certa, salvo miglioramenti purtroppo tutt’altro che certi: “Si tratta di un cancro al quarto stadio”. E, con un filo di voce, Giuseppe Caria lancia un appello: “Anche se so già come andrà a finire vi prego, aiutatemi a soffrire meno”.