Cagliaritani disoccupati,la Confesercenti insegna mestieri ai migranti

La Confesercenti lancia corsi per barman e pizzaioli riservati ai migranti del Cagliaritano: non spenderanno un euro dalle loro tasche per partecipare: la Confesercenti forma dunque i migranti che potranno lavorare in bar e pizzerie togliendo lavoro ai ragazzi cagliaritani. I disoccupati sardi pagano quei corsi fiori di quattrini, togliendoli alle loro famiglie. Intanto un sardo su 5 non riesce ad acquistare beni di prima necessità. Uno su tre non può fronteggiare spese impreviste. I 50enni sardi sono esclusi dal mondo del lavoro, tanti giovani dai 15 ai 24 anni sardi si sono già arresi, tanti altri sono emigrati all’estero. Esplode la polemica


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di Jacopo Norfo

Centinaia di disoccupati cagliaritani al palo, senza lavoro, senza formazione, in fila per ore in piedi in strada per presentare un curriculum, in centinaia per un posto da commesso a Selargius. E la Confesercenti cosa fa? Organizza corsi speciali e permette ai migranti ospitati nel Cagliaritano di imparare gratis a diventare barman e pizzaioli. E mentre i sardi pagherebbero per partecipare a corsi di questo tipo non meno di 500 euro (ma il pluri decorato pizzaiolo di Senorbì Marco Mulas ne ha organizzato anche altri da 1500 euro) loro, i ragazzi profughi, li svolgeranno senza spendere un euro grazie a una Ong che ha deciso di scommettere  sul loro futuro occupazionale, pagando con le risorse ministeriali: lo Stato dunque, col placet di Renzi, finanzia queste iniziative coi soldi pubblici, cioè anche nostri.

Quindi i migranti verranno immessi nel mercato cagliaritano, dove tanti sardi invece non vengono assunti nonostante tante richieste nei locali. Chi saranno i beneficiari? Una parte cospicua dei 115 migranti adulti ospitati dall’associazione nei centri di accoglienza autorizzati dalla prefettura a Cagliari, Alghero, Porto Torres, Capoterra, Uta e Villasimius e che provengono da Paesi come Gambia, Nigeria, Ghana, Mali o Senegal.

La Confesercenti aveva ragione, quei corsi non li farà gratis: beneficerà invece dei finanziamenti, deve essere questa la ricetta per rilanciare il commercio cagliaritano. Punta sul lavoro per gli immigrati, non su quello per i cagliaritani: è a questo che ambivano i tanti commercianti che si iscrivono a questa associazione? Attenzione, non si tratta di razzismo: questo giornale si batte per i diritti dei migranti in ogni senso, nei giorni scorsi qualcuno ci ha accusato per questo addirittura di essere una succursale dell’Unità. 

Qui siamo di fronte al business dei corsi per formazione di barman e pizzaioli migranti. Gli immigrati non spenderanno un centesimo per farli, mentre i sardi che vanno da Mulas (il pizzaiolo che li formerà immettendoli su un mercato delle pizze già saturo nel Cagliaritano) pagano fior di quattrini. E il sardo che non ha i soldi per iscriversi starà sempre dietro agli immigrati che nel frattempo potrebbero fare concorrenza aprendo tanti nuovi locali anche a Cagliari. La Confesercenti non pensa a convincere i commercianti ad aprire di più quando arrivano i croceristi e a migliorare la loro offerta, a combattere la concorrenza globale, a spiegare ad alcuni attempati negozianti di via Garibaldi che soltanto la vendita online li potrebbe salvare. No: i cagliaritani possono aspettare, prima dobbiamo favorire i migranti grazie ai soldi di una Ong (su Fb una delle sostenitrici del progetto, come una sfegatata ultrà, è Sabrina Pes, la bionda ex segretaria di Claudio Cugusi).

La domanda è: perchè nessuno invece, a cominciare dalle istituzioni regionali, non paga corsi di formazione in questo e in altri settori ai tanti nostri ragazzi sardi in cerca di un lavoro? E poi, noi siamo dalla parte dei ragazzi migranti e auguriamo loro un grande futuro. Ma ci spiegate perchè senza avere alcuna cittadinanza hanno praticamente tutto gratis, dagli alberghi alle sigarette, dal telefono al pocket money, e adesso la Confesercenti si prodiga per formarli gratis in bar, caffetterie e pizzerie? Nel frattempo proprio oggi l’Acli ha pubblicato questi dati: un sardo su cinque (20,4%), nell’ultimo anno, ha incontrato difficoltà nell’acquistare beni di prima necessità. Quasi un sardo su tre (30,3%) si è dichiarato invece incapace di fronteggiare una spesa imprevista, anche se di entità modesta (800 euro). Lo rileva il XII Rapporto dell’Osservatorio sull’economia sociale e civile in Sardegna, che è stato appena pubblicato dallo IARES (Istituto Acli per la ricerca e lo sviluppo) e sarà presentato lunedì 21 novembre 2016. Allora, cara Confesercenti e cari politici sardi, vogliamo capire dove stiamo andando? Vogliamo capire che la gente è incazzata? O vogliamo chiuderci gli occhi e prenderci i finanziamenti senza battere ciglio? I nostri giovani fanno la fame, non sanno come pagare l’Inps se aprono un’attività, anche chi ha una laurea è dovuto andare a fare il cameriere in Germania o altri Paesi. Ma i migranti fanno i corsi di specializzazione gratuiti e le associazioni di categoria cagliaritane ci guadagnano.

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