Il nodo principale nasce con il recente cambio d’appalto. Con il subentro della nuova azienda, gli addetti hanno perso l’indennità di presenza che consentiva loro di raggiungere una retribuzione minima di circa 7,50 euro l’ora. Una situazione che aveva già spinto Cgil, Cisl e Uil a proclamare uno sciopero immediato il primo giorno del nuovo contratto.
A distanza di un anno, però, la situazione non è migliorata. Nelle buste paga ricevute ieri molti lavoratori hanno trovato una detrazione tra i 50 e i 60 euro, legata – spiegano – a un errato calcolo della stessa indennità. Un taglio che, secondo gli addetti, aggrava ulteriormente una condizione economica già fragile. A pesare è anche l’accordo raggiunto tra sindacati e azienda, nonostante circa il 40% dei dipendenti non sia iscritto alle organizzazioni firmatarie. Una scelta che incide sul trattamento economico collettivo, coinvolgendo anche chi non è rappresentato.
Il risultato, denunciano i lavoratori, è una busta paga più leggera — spesso inferiore ai 900 euro mensili — e decisioni prese senza un reale coinvolgimento di tutti. “Siamo 120 famiglie sotto la soglia della povertà”, affermano, chiedendo ai sindacati maggiore tutela e partecipazione e al rettore dell’Università un intervento sui meccanismi degli appalti, che ritengono sempre più al ribasso. Non toccate le nostre buste paga senza il nostro consenso”, è l’appello dei dipendenti che denunciano una situazione che definiscono “una vergogna”.










