Cagliari, pallone e skate in piazza alla Marina contro la malamovida: educatori di strada fermati dai carabinieri

Giochi in strada contro lo sballo. Ma residenti e parrocchiani di Sant’Eulalia, irritati dal rumore, hanno chiamato i militari che hanno identificato gli operatori. “Il problema sono gli adulti che si sono rivolti alle forze dell’ordine”, accusa Luca Pisano, “ dovrebbero sconfiggere l’odio con la parola e il dialogo. Invece 2 skate e una palla danno più fastidio dell’alcol e della droga”.


Per le ultime notizie entra nel nostro canale Whatsapp

Hanno portato un pallone e uno skate per giocare coi giovani che nel fine settimana frequentano la Marina, e soprattutto piazza Sant’Eulalia, affinché non si sballassero a suon di superalcolici e droghe. Nell’ambito di un progetto, approvato dal Comune, denominato “Carta di piazza Yenne”. Ma l’iniziativa non è piaciuta ai residenti del rione e ai fedeli della parrocchia che, infastiditi dall’eccessivo rumore, hanno chiamato i carabinieri. I militari, giunti sul posto, hanno identificato gli educatori, mentre i giovani si sono dati alla fuga. L’episodio è accaduto sabato pomeriggio verso le 18: 30.
“Due skate e una palla per intrattenere i giovani: troppo rumore. Non si può fare”, ha scritto in un lungo post pubblicato su Facebook Luca Pisano,  dell’Osservatorio Cyber Crime, uno degli educatori operanti nel quartiere, “questa volta ho portato due skate e una palla per allontanare dalle “abbuffate” di vodka e marijuana i giovanissimi che trascorrono il sabato sera in P.zza S. Eulalia, in gravi condizioni di alterazione psicofisica. Risultato: i fedeli e i residenti hanno ritenuto il rumore intollerabile (secondo il loro punto di vista), al punto da chiedere l’intervento dei Carabinieri. I ragazzini che finalmente stavano provando un’esperienza alternativa allo “sballo” scappano, noi rimaniamo e veniamo identificati.
Ma il rumore, quello reale e assordante, manifestato dai tantissimi giovani che, dai dodici anni in su, passano il loro tempo in piazza, bevendo i super alcolici venduti dai commercianti della Marina e fumando la marijuana portata dagli spacciatori, non si sente abbastanza.
Forse è per questo motivo che i fedeli, impegnati nella messa, non ci aiutano? Come possono rimanere inginocchiati difronte a Dio, sapendo che a pochi metri di distanza ci sono pre-adolescenti e adolescenti in grave difficoltà? Non sono un teologo, ma ipotizzo che Dio apprezzerebbe tantissimo un loro intervento, anche nell’ipotesi che ritengano i giovani il nemico da abbattere ricorrendo alle forze dell’ordine: “Se il tuo nemico ha fame, dagli del pane da mangiare: se ha sete, dagli dell’acqua da bere” (Proverbi 25:21).
E poi ci sono i residenti. Comprendo che anche per loro la vita alla Marina sia diventata un inferno e che, come i fedeli, desiderino una casa non infestata dai rumori dei giovani. Ma i ragazzini esistono, hanno importanti problemi sociali, familiari e individuali, che non possono essere gestiti con l’indifferenza. Perché il messaggio che è passato ieri sera è che se bevono e si drogano in silenzio, la situazione è tollerabile. Se però ci sono rumori, preciso che erano oggettivamente lievi, allora bisogna chiamare le forze di polizia. Mi chiedo allora, perché i residenti, alcuni sono educatori, operatori socio sanitari e genitori, non scendano in piazza, insieme a noi, per dare una mano ai giovani.
Una prima risposta, forse non esaustiva, è che l’odio – ma se il termine può sembrare eccessivo parliamo di fastidio – sia diventato una parte molto importante del problema e quindi dell’emergenza sociale e sanitaria.
I commercianti, quelli che non rispettano le regole, odiano i residenti perché segnalano costantemente la vendita di alcolici ai minorenni. I residenti disprezzano, oltre ai commercianti, soprattutto i politici del Comune di Cagliari perché da sempre latitanti rispetto al disagio giovanile. Ma, quando esagerano, detestano anche i ragazzini che portano il degrado nel quartiere. I fedeli, intanto, detestano i ragazzini che, a loro volta, odiano le forze di polizia. Comprensibilmente, immagino, Polizia e Carabinieri cominciano a non poterne più di ragazzini, residenti, fedeli e forse anche dei politici e degli operatori di strada.
Insomma in questa cultura dell’odio in cui tutti, tranne i commercianti che non rispettano le regole, hanno le loro validissime ragioni perché concentrati solamente sulla cura del proprio interesse soggettivo, gli unici a provare amore sono i ragazzini. Sono infatti innamorati della socializzazione e poi dei commercianti che vendono alcool e degli spacciatori che portano la droga.
Dopo sei mesi di frequentazione – dal mese di dicembre 2021 ogni sabato sera dalle 18.00 alle 20.00 operiamo nel quartiere Marina –  posso affermare che questi ragazzi non sono pericolosi, non aggrediscono gli adulti, ma sono fragili, disperati e bisognosi di attenzione. La nostra presenza – ascolto, interazione, dialogo – modula la loro aggressività (auto ed etero) e riduce i comportamenti a rischio.

La piazza, pensiamo a quella dei paesi in cui gli anziani stanno insieme ai giovani, è socializzazione. E nel quartiere della Marina si dovrebbero creare le condizioni, seguendo la Carta di Piazza Yenne, per sconfiggere l’odio con la parola e il dialogo. Invece, due skate e una palla danno più fastidio dell’alcol e della droga”.


In questo articolo: