La disperazione rischia di sfociare in proteste clamorose, anche nella Fase2, nonostante le restrizioni e la paura del virus: oltre mille lavoratori delle mense scolastiche non possono più aspettare, hanno famiglie da mantenere, più di due mesi senza stipendio, l’integrazione salariale (fis) che non arriva, le aziende d’appalto che non concedono l’anticipazione. “Alla Regione, in particolare all’assessorato del
Lavoro, chiediamo un intervento urgente – hanno detto le segretarie
Nella Milazzo (Filcams Cgil), Monica Porcedda (Fisascat Cisl) e Silvia
Dessì (Uiltucs Uil) – anche con l’obiettivo di trovare una soluzione
per i quattro mesi estivi nei quali il contratto prevede una
sospensione: quest’anno i lavoratori non potranno contare nemmeno su
quei pochi risparmi che, con fatica, mettono da parte nei mesi in cui
le scuole sono aperte e le mense funzionano”.
Nel frattempo però, l’Inps deve velocizzare i pagamenti, perché
nemmeno la promessa dell’anticipazione da parte delle banche viene
mantenuta: “L’accordo con Abi, di fatto, non funziona – denunciano le
categorie – sappiamo che i lavoratori chiamano gli uffici bancari
senza avere risposte e, quando le hanno, la documentazione richiesta è
talmente complicata da disincentivare le domande”. Pare che per
ottenere l’anticipazione, oltre all’apertura del conto corrente, sia
richiesto una sorta di avvallo da parte dell’azienda, che dovrebbe
garantire la restituzione delle risorse alla banca, nel caso in cui,
per qualsiasi ragione, non arrivassero dall’Inps. “Alcune aziende non
sono disponibili ad avallare nulla, e si tratta, comunque, di un
sistema farraginoso che spinge all’esasperazione i lavoratori,
abbandonati a casa, senza poter garantire nemmeno i beni di prima
necessità alle loro famiglie”.
Le categorie, che a livello nazionale hanno chiesto la proroga degli
ammortizzatori, sollecitano anche la Regione affinché si impegni a
trovare una via d’uscita, e l’Inps, affinché velocizzi i pagamenti,
almeno per questi primi due mesi di marzo e aprile. “Siamo parlando di
lavoratori che soffrono già condizioni di disagio economico perché
hanno contratti da 12 o 15 ore settimanali, la tenuta sociale è a
rischio – avvertono Nella Milazzo, Monica Porcedda e Silvia Dessì – se
non ci saranno risposte concrete da qui a qualche giorno non sapremo
come contenere la disperazione dei lavoratori”.











