Cagliari, medici di famiglia sotto pressione: “Troppo lavoro per l’emergenza Covid, altro che sfaticati”

Dai sintomi più “piccoli” a quelli più complessi, senza dimenticare le lunghe attese per i tamponi. I medici di base sono stremati. Edoardo De Pau, vicepresidente Snami: “Grosso carico di lavoro, svolgiamo anche compiti non nostri e dobbiamo rassicurare e confortare i pazienti”


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I medici di famiglia del Cagliaritano si sono raccontati a Casteddu Online. In piena fase due della pandemia, tra visite specialistiche bloccate e ospedali blindati per il Covid, i cittadini “bussano” continuamente alle porte dei loro ambulatori. Fisicamente, certo, ma anche a distanza: decine di telefonate da smistare tutti i giorni, ogni caso va valutato e seguito, anche perché dall’altro capo del telefono c’è una persona che attende l’esito del tampone, o che ha bisogno di una certificazione per poter tornare al lavoro o una ricetta urgente per avere dei medicinali:

“C’è un’emergenza. Siamo uno dei pochi punti di riferimento come sanità, anzi, l’unico al momento nella sanità territoriale”, spiega Edoardo De Pau, vicepresidente Snami. Sessantadue anni, medico di famiglia da trentaquattro, De Pau è netto: “Il medico di famiglia deve supplire a certi bisogni dell’assistito che non vengono soddisfatti dagli specialisti e dalla sanità pubblica. E stiamo lavorando come se fossimo specialisti, ma non lo siamo, spesso dobbiamo chiedere visite di controllo e andare contro ogni regola”. Cioè? Nel foglio di richiesta “scriviamo ‘urgente’ o ‘breve’, così il paziente può essere visitato. Siamo oberati di lavoro, un carico immane. Certo, non si spara contro il pianista”, osserva il vicepresidente Snami, nel notare che tutto il settore della sanità si sta dando da fare il più possibile per garantire i servizi a tutti. Ma c’è una pandemia. “Abbiamo pazienti in quarantena che chiedono di fare il tampone a pagamento dal privato per poter rientrare al lavoro. Un problema organizzativo c’è, alleggerire il nostro carico di lavoro sarà difficile, tutto il sistema è sotto pressione e noi facciamo il nostro e anche di più. Abbiamo un carico di cure, terapie e diagnosi, più i problemi burocratici legati ai tamponi e”, per esempio, “ai rientri a scuola degli alunni e docenti di elementari e medie”.

Che fare? “Un tavolo congiunto, con la Regione, per vedere come migliorare tutte queste sofferenze. Qualcuno dice che siamo sfaticati ma non è vero, siamo sempre presenti: può capitare che non rispondiamo subito al telefono, ma siamo davvero oberati di chiamate. I pazienti necessitano anche di conforto e rassicurazioni, anche questo è un compito molto importante, perché altrimenti tutto diventa un delirio. Stiamo già collaborando al massimo”, sostiene De Pau, “e anche oltre, svolgendo compiti non nostri nei confronti dei cittadini. Bisogna sedersi e parlare seriamente, in modo sincero e sicuro, per capire come organizzarci, sennò andremo allo sbaraglio”.


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