“Anche oggi numeri molto duri in Sardegna: 303 nuovi contagi e 9 morti. Cosa sta accadendo? Perché i numeri non accennano a ridursi?”. A domandarselo è Goffredo Angioni, infettivologo del Santissima Trinità di Cagliari. Che analizza, semplicemente, i dati: “La settimana dal 22 al 28 febbraio i nuovi casi sono stati 72 al giorno, 65 la settimana precedente. Lunedì primo marzo siamo entrati in zona bianca. L’euforia generale legata alla nuova condizione ha inevitabilmente comportato un rilassamento nel mantenere il tanto odiato distanziamento sociale; le fotografie del centro città, del lungo mare che hanno inondato il web hanno mostrato una ridotta percezione del rischio ed anche la pressoché completa assenza di controlli. A questi fattori si sono associate due altre pericolose condizioni: una variante molto più contagiosa ed una campagna vaccinale ancora agli albori. Inevitabili le conseguenze: la settimana tra il 15 ed il 21 marzo i nuovi contagiati sono stati 111 al giorno, la successiva, dove gli effetti della prima settimana di libertà di marzo mostrava dal punto di vista epidemiologico i primi veri effetti, erano saliti a 204, triplicati rispetto a fine febbraio”, osserva Angioni. Che, quindi, vede nell’allentamento dei controlli il fattore, o almeno uno dei fattori, che ha determinato un’impennata dei contagi. “Il trend era (e dovrebbe essere a maggior ragione ora) molto chiaro: la pandemia si stava diffondendo in maniera incontrollata e l’unica misura attuabile immediatamente era rappresentata dalla chiusura prima parziale (zona arancione) poi completa (rossa).
È stata una scelta corretta? Ad un’analisi superficiale sembra di no: nella settimana dal 10 al 16 aprile i nuovi casi sono stati 365! Un fallimento delle zone a colori? Non direi (anche perché non si poteva certo continuare ad andare avanti come se niente fosse), piuttosto la fisiologica conseguenza del processo iniziato ai primi di marzo. Ciò che sta accadendo è che un virus più contagioso, molto più contagioso, quando colpisce un membro di una famiglia non risparmia gli altri, a differenza di quanto accaduto frequentemente nella prima fase dove spesso ad essere colpito era soltanto un appartenente al nucleo familiare, ma si diffonde a tutti i conviventi; pensiamo al numero dei contagiati alle feste (come la triste vicenda di Capoterra) o ad altri ritrovi di gruppo, percentuali elevatissime: questo spiega i numeri più alti, i ricoveri aumentati ed i morti che hanno ripreso a crescere. Aggiungiamo che in questi giorni stiamo vedendo il risultato dei comportamenti scorretti durante il periodo pasquale e che con questi numeri il tracciamento è impossibile”. prosegue l’infettivologo.
“E allora come se ne esce? Di certo non riaprendo tutto indiscriminatamente ma consentendo a quelle attività che permettono il distanziamento (ad esempio locali all’aperto ma non solo) di ripartire attenendosi strettamente alle norme, garantendo controlli rigorosi , inflessibili con chi rischia di rimandare all’aria gli enormi sacrifici che stiamo facendo. E vaccinando. Le vaccinazioni, che stanno procedendo più speditamente, alla fine rappresentano la nostra unica, vera arma”.