Claudia Murru, medico specializzato, ieri 21 Dicembre ha condotto un interessante esperimento sociale ispirato alla “Signora dei piccioni” del film Mamma ho perso l’aereo, girando per la città per osservare le reazioni delle persone.
“Proprio come nel film, ho indossato un costume di scena da clochard e relativi piccioni, percorrendo le affollate strade della passeggiata cittadina, nel sabato prima di Natale. La mia esperienza ha rivelato un quadro preoccupante della società odierna, caratterizzata da distacco, giudizio e paura, con rare eccezioni che vi racconto più avanti”. Le reazioni più comuni: indifferenza e mancanza di ilarità. “Sguardi disapprovanti, non riuscivano ad ammorbidirsi nemmeno se sollecitati da un mio sorriso o da un gesto di saluto. Questo suggerisce una difficoltà generalizzata nel lasciarsi andare alla leggerezza e all’umorismo estemporaneo, come se ci fosse una sorta di barriera emotiva che impedisce la connessione con gli altri, attraverso anche una semplice risata”. Claudia prosegue: “Molte persone hanno reagito con pregiudizio, denunciando la tendenza, assai diffusa, a classificare gli altri in base all’apparenza e a giudicare negativamente i comportamenti non convenzionali, seppur innocui”.
“La reazione di paura è quella che mi ha colpita in modo significativo. Alcuni avevano paura dei piccioni, che evidentemente erano finti, ma sulle altrui fobie, non è corretto esprimere giudizi.
In modo più generale, però è emerso che molti erano atterriti e diffidenti verso ciò che è percepito come “diverso” o “strano”, per deformazione professionale, non ho potuto sorvolare sull’analogia con lo stigma e l’emarginazione che vivono le persone con demenza”. Seppur in uno scenario costituito da stereotipi e pregiudizi, qualcuno ha regalato un barlume di speranza: “Anziani e senzatetto sono stati gli unici ad avvicinarsi incuriositi, a scambiare una parola simpatica, mostrando apertura, qualche risata e manifesto desiderio di socializzare”. “Fa riflettere che proprio queste categorie sociali, spesso marginalizzate, siano state paradossalmente più capaci di connessione umana autentica. La riflessione nasce spontanea: “Gli anziani, che forse conservano il dono dello stupore, hanno memoria di interazioni sociali più dirette e meno mediate dalla tecnologia. I senzatetto, che vivono ai margini della società, potrebbero aver sviluppato una maggiore empatia e una necessità di contatto umano?” E ancora:
“Ho incontrato tanti bimbi, solo uno si è avvicinato incuriosito dai piccioni”. Le considerazioni finali di Claudia Murru: “Ho toccato con mano l’incapacità di gestire le dinamiche relazionali dirette, il paradosso tra la connessione apparente ed effimera offerta dai social network e la reale difficoltà di relazionarsi di persona. I social media possono creare un’illusione di vicinanza, ma mancano della profondità e dell’autenticità delle interazioni faccia a faccia”. Riguardo al suo impegno nel sociale dice: “Da tempo porto avanti una campagna di sensibilizzazione per il recupero del senso di comunità a favore delle persone anziane. Il mio esperimento sociale ha evidenziato una preoccupante perdita del senso di comunità e di condivisione. In un contesto urbano sempre più individualista e frenetico, le persone sembravano anestetizzate e incapaci di interagire con gli altri, anche in situazioni leggere e divertenti”. Questo piccolo esperimento mostra che abbiamo disimparato a sorridere a chi ci sorride; sottolinea quanto sia necessario lavorare per stimolare il bisogno del contatto umano autentico, della risata, dello scambio di battute, dell’autentica interazione con un estraneo. “La mancanza di queste interazioni portare solitudine, isolamento e alienazione. È un’emergenza sociale che riguarda tutti noi, e la nostra salute e il nostro benessere. Come professionista della salute, ritengo necessario e urgente promuovere iniziative che favoriscano la socializzazione e il recupero del contatto umano. Attività di gruppo, eventi di comunità, spazi di aggregazione che contribuiscano a ricostruire il tessuto sociale e riportare la luce negli sguardi spenti che ho incontrato tra le colorate vie cittadine”.
Tornando a casa, sotto una doccia bollente mi sono lavata via il trucco, il parrucco e il pregiudizio, ma mi è rimasto il desiderio di contagiare sorrisi agli sconosciuti, conclude.










