Cagliari, la curiosa storia di Maurizio Corona, un tifoso rossoblù, raccontata a Casteddu Online da sua moglie, Eliana Sanna. “Così ho voluto intitolare questa storia “Quello con l’Apixedda blu”, nella speranza che possa arrivare al cuore di chi la leggerà. “Sono sposata con Maurizio Corona da 36 anni, ma purtroppo, dopo appena 6 mesi dal nostro matrimonio arriva la diagnosi, Maurizio è affetto da una grave forma di distrofia muscolare. E’ stato un duro colpo, ma con la nostra determinazione, siamo riusciti ad andare avanti nonostante il veloce decorso degenerativo della malattia che ogni giorno spegne Maurizio sempre di più. Ora non cammina più, già da parecchi anni, ogni suo piccolo gesto è per lui un’impresa”.
“La velocità con cui si aggrava sempre di più, giorno dopo giorno, è dovuta al fatto che da tantissimi anni ha smesso di occuparsi della sua salute, rinunciando alle visite di routine ma soprattutto alle terapie che rallenterebbero il decorso. Questa è solo una premessa alla vera storia che voglio raccontare che inizia con il descrivere Maurizio come uno dei più sfegatati tifosi del Cagliari che abbia mai conosciuto! Mi ha sempre raccontato che da ragazzino aveva solo due cose in testa, giocare a pallone e la sua squadra del cuore, il suo orgoglio rossoblù. E’ nel 1983 che comincia tutto, all’età di 17 anni, mentre gioca a pallone qualcosa non va, non riesce a palleggiare , e guardandosi la gamba sinistra si accorge che è molto più fine dell’altra. Preoccupato si confida con la nonna che lo porta a fare una visita da un suo caro amico, l’allora medico sociale del Cagliari, lo visita proprio nell’infermeria dello stadio S.Elia, ed effettivamente gli riscontrò un vistosa differenza di tono muscolare da una gamba all’altra ipotizzando una lesione grave con interruzione muscolare. Smise di giocare a pallone ma non di amare il suo Cagliari che continuava a seguire “patologicamente”! Mi ha sempre raccontato di quando andava allo stadio , di quando seguiva persino gli allenamenti al campo del Poetto o al S.Elia il giovedì per vedersi la partitella, mi racconta di quando il Cagliari finì in serie C1, dei campi in terra battuta, dei derby con la Torres, del rischio fallimento e della risalita in serie A in soli due anni con Ranieri. Nel 1988 ci conosciamo e sposiamo, il suo problema alla gamba peggiora e decidiamo di approfondire ed è qui che arriva la sentenza, la condanna di essere affetto da una grave forma di distrofia muscolare. Cerchiamo di fare una vita il più normale possibile senza deprimerci più di tanto. Il suo amore per i colori rossoblù è sempre fortissimo tanto che trascina anche me allo stadio, ricordo ancora le partite di coppa UEFA, una gioia indescrivibile per lui.
“Nel 1991 nasce Danilo, il nostro primo figlio e nel 1993 nasce Alessandro. Inutile dire che anche coi figli non perdeva occasione di trasmettere la sua passione per il calcio, tanto che ogni giorno organizzava partitelle di calcio nell’andito di casa, costruiva delle pallette con calzettoni arrotolati e faceva affrontare Danilo contro Alessandro, lui si metteva in porta perché le sue gambe non lo reggevano quasi più. Ma qui voglio dilungarmi un attimo perché è con Alessandro che succede una cosa inaspettata. All’età di 10 anni mentre sta giocando a pallone con gli amichetti giù di casa, affacciato dal suo balcone, lo nota un signore che ne rimane incantato, tanto da convincerlo a iscriversi alla scuola calcio della Johannes, infatti altri non era che l’allenatore degli esordienti. E’ così che Alessandro cominciò a giocare a pallone seriamente. Ovviamente mio marito gongolava di gioia perché era davvero bravo, ma questo è nulla in confronto a quello che accadde dopo. Il Cagliari stava organizzando dei provini a Selargius e il suo allenatore ci convinse a portarcelo per essere visionato. Alessandro non disattese le aspettative, Gianfranco Matteoli lo prese subito, dopo aver meravigliato tutti con un gol all’incrocio dei pali da fuori area, confermandolo anche nel secondo provino, era fatta! Alessandro giocava nel Cagliari, la squadra che mio marito ha sempre tifato sin da piccolo. La gioia , l’entusiasmo e l’orgoglio furono talmente grandi che voleva portare lui stesso Alessandro agli allenamenti. Ma in che modo se non poteva più guidare a causa della sua maledetta malattia? Colpo di genio, decise di comprare a rate un’Ape50 blu, con la quale poteva avere la sua mobilità, indipendenza e sentirsi realizzato a modo suo per rendersi utile, anche se Alessandro non ne fu tanto entusiasta, era evidente che si vergognasse di arrivare agli allenamenti in apixedda e così mio marito si parcheggiava un centinaio di metri lontano dall’ingresso per non farlo sentire in imbarazzo. E fu così che cominciò l’avventura calcistica di Alessandro nel Cagliari, motivo di orgoglio per mio marito che ora si sentiva ancora più vicino alla sua squadra del cuore facendone parte, anche se indirettamente! Per mio marito Maurizio furono anni pieni di soddisfazioni, fiero di essere il padre di Alessandro che gioca nel Cagliari, “quello con l’apixedda blu”, che conobbe dal vivo Matteoli, i vari allenatori di mio figlio che si susseguirono, Chicco Piras, Ruzzu, Bellini, le partite della Domenica a Selargius, a Oristano o qualsiasi altro posto, tanta roba! Ma come spesso capita in alcune storie, non sempre c’è il lieto fine e le cose belle durano poco. Dopo 3 anni circa, Alessandro non fu confermato, ci rimasero male entrambi, soprattutto mio marito, perché secondo lui, “quello con l’apixedda blu”, non c’era più motivo di esistere, non gli rimase più nulla di quella bellissima esperienza se non di finire di pagare ancora qualche rata della sua Ape50 che tanto gli fu utile e cara. Ma non sono queste le tragedie della vita, le tragedie sono altre, infatti con gli anni, mio marito peggiorò sempre di più, la distrofia muscolare stava facendo il suo decorso e ben presto smise di camminare, la sua compagna di vita imprescindibile diventò la sedia a rotelle! Andare allo stadio per seguire il suo amato Cagliari diventò impossibile senza un mezzo di trasporto adeguato e col tempo smise anche di andare a fare le sue visite di routine, le terapie che dovrebbero ritardare l’aggravarsi della malattia, tutto questo perché non si sentiva più indipendente, la sua “arte dell’arrangiarsi malgrado tutto” si era trasformata, sostituendosi con l’apatia e la sensazione di sentirsi persi!”
Gli anni passano finché l’anno scorso dice: “Non volevo mai chiedere…era un problema di dignità. Ora sono costretto a farlo se voglio continuare a pensare ad una vita che mi permetta di non essere escluso da tutto”. La voglia di continuare a esserci non gli manca. Ma c’è sempre un ma a questa voglia: le condizioni economiche precarie che ci precludono l’acquisto di un mezzo di trasporto adeguato che gli permetta di uscire da quella prigione che è casa sua. Ed ecco che ebbe un altro colpo di genio, mettere da parte l’orgoglio e la vergogna e chiedere l’aiuto delle persone generose e sensibili aprendo una raccolta fondi tramite una fondazione, la GoFundMe, con l’intento di racimolare dei soldi per l’acquisto di un’auto usata, allestita per il trasporto dei disabili in carrozzina, di quelle con la pedana dietro. Il traguardo è lontano, perché dopo un anno abbiamo racimolato una cifra irrisoria rispetto a quanto servirebbe, non sappiamo quanto ci vorrà ma la fiducia nel buon cuore delle persone non deve mancare. Eliana prosegue: “A volte bisogna lottare così duramente per la vita che non rimane più tempo per viverla e mio marito di tempo ne ha perso anche troppo! La sua voglia e determinazione nel voler tornare a vivere, a occuparsi della sua salute, a fare alcune cose che faceva prima, poter andare nuovamente allo stadio ad ammirare i suoi beniamini, magari incontrarli di persona, soprattutto Alessandro Deiola, il capitano rossoblù di cui ne è innamorato pazzo, rivedendo in lui nostro figlio, tifare la sua squadra del cuore con quel poco fiato che ancora gli è rimasto, è ammirevole e commovente! Il Cagliari è l’unica motivazione che lo sta spingendo a reagire e tutti ci auguriamo che questo suo profondo desiderio possa realizzarsi al più presto con l’aiuto di chi vorrà”, conclude.