L’ultima “tegola” è arrivata dalla Procura, venerdì scorso, con la richiesta di istanza di fallimento dell’Aias per via di tanti debiti che hanno raggiunto quota dieci milioni. E, sullo sfondo, ci sono i lavoratori dell’associazione che da oltre mezzo secolo cura centinaia di sardi: tra stipendi non arrivati o arrivati solo in parte, “cinque bonus Renzi e tredicesime mai arrivate”, la rabbia è tanta, ed esplode per l’ennesima volta sotto il palazzo della Regione in viale Trento. In circa quattrocento hanno iniziato a manifestare per chiedere al presidente Christian Solinas “l’attuazione di Sas Domos”, la società in house creata durante il precedente governo di centrosinistra. Ma lo stop al progetto è già arrivato da tempo. Risultato: lavoratori, pazienti e sindacalisti sono pronti a restare accampati in viale Trento sino a quando non avranno risposte. Non ci sono infatti solo fisioterapisti, Oss e autisti “armati” di trombette, fischietti e bandiere: tra chi protesta trovano spazio anche dei malati di parkinson e costretti a spostarsi solo a bordo di una carrozzina.
“La richiesta di fallimento della Procura non ci sorprende, certifica il fallimento dell’Aias. La politica deve subito prendersi carico di 1200 lavoratori e quattrocento pazienti, non c’è più tempo”, tuona Fulvia Murru della Uil. All’appello “mancano dodici mensilità, cinque ‘bonus Renzi’ e due tredicesime”. Accanto a lei Claudio Nuxis della Cisl: “Solinas deve ripristinare Sas Domos, si tratta di una sperimentazione già prevista nel nuovo modello di riforma del servizio sanitario regionale. Lavoratori e utenti vogliono tranquillità e sicurezza, non incertezza”. Difficile sapere se il presidente della Regione incontrerà una delegazione di manifestanti: “Noi siamo pronti a restare qui sotto ad oltranza”.








