Cagliari, “la città muore se a morire è il centro storico”

“Restaurare o ammodernare strade e piazze, chiudere il Centro storico con un reticolato di divieti, spostare o addirittura sopprimere servizi pubblici essenziali, come quello della mobilità e di interi presìdi ospedalieri, significa distruggere il tessuto urbano e sociale”


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Muore la Città, se muore il ” Centro storico”. Restaurare o ammodernare strade e piazze, come è stato fatto in questi ultimi anni a Cagliari, chiudere il Centro storico con un ” reticolato ” di divieti, spostare o addirittura sopprimere servizi pubblici essenziali, come quello della mobilità e di interi presìdi ospedalieri, come quelli del Pronto Soccorso e della Clinica Cardiologica San Giovanni Di Dio, significa distruggere il tessuto urbano e sociale, nevralgico per l’economia non solo  del Centro Storico ma dell’intera Città. Vanno di pari passo scomparendo le tradizionali attività economiche, quelle sotto casa e più vicine ai cittadini, costretti così ad andare nei Centri Commerciali, che evidentemente stanno più a cuore agli amministratori comunali.

Da Via Dante a Viale Merello, passando per Via Paoli, Via Garibaldi, Via Manno , Piazza Yenne e il Corso Vittorio Emanuele è ” un pianto”, come si usa dire quando le cose non vanno bene. Evidentemente ” asfaltare non è governare”. Così come mettere a nuovo strade  e piazze, tenendo in gabbia per anni intere comunità, quella civile e quella produttiva, per di più con l’obiettivo dichiarato di eliminare qualsiasi tipo di veicolo utile per le esigenze minime della stessa convivenza civica, significa non essere all’altezza della conoscenza e della soluzione dei problemi più vicini alla gente. Per di più, coltivando e incentivando una “monocultura economica”, quella dei servizi alla ristorazione da parte di bar, paninoteche, pizzerie, fast food, kebab e ristoranti di ogni categoria e annesse concessioni di suolo pubblico con tavolini, sedie, ombrelloni e gazebo che invadono oltre ogni limite piazze e strade, sottratte così alla fruizione dei cittadini. Per di più con facilitazioni e agevolazioni tributarie che incentivano tali attività che hanno una resa economica consistente. Un tavolino e quattro sedie, in Centro storico, renderebbero, come hanno recentemente dichiarato rappresentanti di categoria, dai 20 ai 25 mila euro l’anno. Al contrario, invece, sono costrette a chiudere le tradizionali botteghe di quartiere, anche importanti negozi non solo di generi alimentari, costretti alla resa perchè durante il giorno non passano più nemmeno i mezzi pubblici che prima consentivano ai residenti di fare ” la spesa” nel negozio di fiducia.

” Voglio bene al mio negozio di quartiere – è possibile leggere in un cartello affisso nella vetrina di un negozio di Via Tola, quasi all’angolo di Via Paoli – No ai nuovi Centri commerciali- Più negozi, più Quartiere, più vita” – Ma questa gentile ragazza ha dovuto alzare bandiera bianca e chiudere. Come ha chiuso uno storico negozio di fronte all’edicola di Via Garibaldi, dove possiamo leggere questo avviso : ” Chiuso – Ci siamo trasferiti alla Corte del Sole” – E da questo negozio fino alla Via Iglesias troviamo ben dieci serrande abbassate di altrettante attività che hanno dovuto arrendersi.

Proseguendo il percorso per le vie pedonalizzate anche nella via Manno hanno chiuso battenti altre dieci attività, nel primo tratto del Corso ben trenta locali sono chiusi e una ventina tra Via Caprera e Via Tigellio.

Che dire ? Ce n’è perchè la Città si ribelli e si riappropri delle sue strade e delle sue piazze.

Ma, gli Amministratori Comunali, di Destra, di Centro e di Sinistra non si accorgono di questi pericoli ?

Marcello Roberto Marchi


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