Ha scontato due anni per ricettazione, con tanto di messa alla prova da parte del giudice che gli ha evitato di varcare il carcere di Uta. E lui, Antonio Pretta, 53enne di Cagliari, ha rigato dritto: “Ho sempre rispettato gli orari, poi ho fatto volontariato aiutando le associazioni durante gli sbarchi dei migranti”. E così, nel 2020 ha pagato il suo debito con la giustizia: “Ero stato condannato perchè avrei firmato un assegno di oltre novemila euro. La firma non era la mia, ma purtroppo non venne mai fatta la perizia calligrafica”. Oggi Pretta è un uomo libero, con un passato difficile, fatto anche di un accoltellamento subìto dalla sua ex moglie, che però sta pian piano dimenticando: “Sto battagliando per riavere una dignità. Purtroppo ho tre ernie e la schiena a pezzi, tutto certificato dai dottori, con tanto di invalidità al 40%. In passato ho lavorato, ero un pescatore. Oggi posso solo fare lavori poco faticosi, ma con la crisi che c’è è impossibile. Purtroppo, avendo subìto una condanna meno di dieci anni fa, mi è stato tolto il reddito di cittadinanza”.
Una tegola ulteriore sulla sua già travagliata esistenza: “Non voglio vivere di assistenzialismo, sto cercando un’occupazione adatta alle mie condizioni fisiche ogni giorno ma il mercato del lavoro è praticamente bloccato”. Pretta vive con una nuova compagna: “Non voglio che nessuno possa dire che sono un parassita. Grazie al mio avvocato, Anna Maria Lai, e alla dottoressa dell’Uepe, sto ultimando le carte da portare al giudice per ottenere una riabilitazione definitiva, dalla mia ho la buona condotta e l’essermi impegnato nel sociale. Spero tanto di farcela, voglio tornare ad essere un cittadino totalmente libero. La mia compagna deve subire un intervento ad una gamba, voglio poterla tutelare e far vivere tranquilla”.









