Un’ora e mezza? A padel passa, forse, sin troppo lentamente, a tennis vola via più veloce. Questione di prospettive, e di sport “diversi tra loro”. Parola di Andrea Lecca. 54 anni, maestro e campione di tennis, il Tennis Club di Cagliari è la sua casa dal 1990. Fedele alla racchetta, ha notato ovviamente il boom del padel anche nel capoluogo sardo. “Mi sono preso la qualifica, giusto per insegnare una cosa in più”, confessa. Ma “il tennis è il tennis, non si discute”. E, soprattutto, è una disciplina sportiva antica, consolidata e per la quale serve una lunga preparazione: “La differenza è abissale”, sentenzia Lecca, “il campo da padel è più piccolo, a tennis devi correre per salvare ogni pallina”. E padelle e smash contro i vetri è più una pratica “per chi non ha mai fatto sport, è troppo facile. Chiunque sa rimandare una palla dall’altra parte. È un qualcosa di nuovo, che si fa soprattutto tra amici”. Ma guai a mischiare il sacro tennis con il profano padel: “Ora come ora è un riempitivo, poi posso prevedere che come sport durerà, ma è un altro discorso”, precisa Lecca.
“I giovanissimi sono ancora affezionatissimi al tennis, abbiamo avuto tanti nuovi iscritti tra i ragazzini, che dopo due anni tra lockdown e restrizioni hanno scelto di fare tennis, abbiamo oltre 240 iscritti”. E i campi in terra rossa, accanto a quelli schermati dai vetri di padel, a Monte Urpinu sono quasi attaccati. Ma la differenza la fa tutta chi li calpesta: “Magari il padel non sarà di passaggio, ma il vero padel praticato dai campioni internazioni è tutta un’altra cosa rispetto a quello giocato, qualche volta alla settimana, dai cagliaritani”.