Va avanti la battaglia dei parenti di Manuela Murgia, la sedicenne trovata morta il 4 febbraio 1995 in fondo a un canyon a Tuvixeddu, a pochi metri da via Is Maglias. Le sorelle, insieme ad amici e semplici cittadini, si sono ritrovati in piazza Garibaldi per una fiaccolata silenziosa che ha “illuminato” le principali vie dello shopping e che si è conclusa in piazza Yenne. Insieme a loro anche gli avvocati che li stanno seguendo già da molti mesi, Giulia Lai e Annarita Cadeddu. La richiesta è una, chiara: “Riaprite il caso, nostra sorella non si è suicidata. Si può riesumare la salma e svolgere tutta una serie di accertamenti, a distanza di tanti anni c’è la tecnologia che può dare una mano alle indagini”. Prima della partenza della fiaccolata sono state le due sorelle di Manuela, Anna e Lisa, hanno ringraziato tutti i partecipanti. Anna Murgia, avvolta dal dolore, ci mette faccia e lacrime: “Oggi vogliamo ricordare nostra sorella e dare voce al nostro dolore e chiediamo giustizia e verità che per ventinove anni non abbiamo avuto. Speriamo ci sia la riapertura del caso. Credo che andassero vagliate più ipotesi, ecco perchè va visionato bene tutto”. Lisa lancia un appello: “È chiaro che c’è più di una persona che conosce ciò che è successo, quel giorno, a Manuela. Oggi magari sono genitori, più consapevoli. Raccontino cosa le è successo. Qualcuno disse che ci non ha coraggio muore ogni giorno, chi ne ha muore una volta sola. Liberatevi, anche in anonimo, e raccontate tutto”. Appello sin troppo chiaro, insomma. Da un anno la famiglia è entrata in possesso di documenti che sembrano raccontare una verità diversa dal suicidio: “Sinora sono arrivate diverse email e confidenze, ma è importante a questo punto vagliare tutte le ipotesi e tutte le situazioni. C’è da riaprire un caso”.
Giulia Lai è una delle legali della famiglia Murgia: “Li stiamo aiutando per cercare di riaprire un caso. Il procedimento, riaperto più volte, è stato archiviato. Serve che si abbatta questo muro di omertà”. Annarita Cadeddu è l’altra avvocatessa, i familiari della sedicenne dicono di avere documenti e fascicoli importanti tra le mani: “E con le metodologie attuali potrebbero portare a delle conclusioni diverse rispetto a quelle di ventinove anni fa. Ci stiamo adoperando per capire se è possibile trovare un’altra verità dopo tanto tempo. Perizie cinematiche, perizie medico legali, anche la medicina legale si è evoluta. Ed è possibile reperire ancora testimoni, vogliamo sensibilizzare la popolazione e le coscienze. Chi sa dica quello che sa”. È tutto ciò che sperano le sorelle, i genitori e tutti i parenti di Manuela Murgia, trovata morta a sedici anni in un luogo nel quale non era mai stata prima in vita sua e del quale, i familiari lo giurano, non conosceva nemmeno l’esistenza.