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Cagliari, due palazzi e una pizzeria market della droga: fiumi di clienti, soldi e pizze ai pusher

di Paolo Rapeanu
18 Maggio 2023
in cagliari, zapertura

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Ventotto indagati e tre persone in manette. Questo il bilancio dell’operazione condotta dalla squadra mobile di Cagliari, agli ordini del dirigente Fabrizio Mustaro, in coordinamento con la Dda del capoluogo sardo. Arrestati i presunti capi di due associazioni a delinquere dedite al traffico di droga che rifornivano Cagliari di cocaina, hashish e marijuana. Nel corso delle indagini sono state arrestate 17 persone, sequestrati 10 chili di droga e oltre 50mila euro. Le due organizzazioni sono riuscite a rifornire 250 clienti al giorno, trasformando  due palazzi e una pizzeria in supermercati della droga. Durante il lockdown per Covid, per non interrompere lo spaccio e evitare il contagio, hanno utilizzato un camper mobile.

I due gruppi criminali hanno operato nei quartieri Is Mirrionis e San Michele di Cagliari. Le due piazze di spaccio erano diventate il principale punto di riferimento della “distribuzione al dettaglio” delle dosi di droga in città. Il gruppo criminale del quartiere San Michele si occupava anche delle “vendite all’ingrosso” di ingenti quantitativi di cocaina, hashish e marijuana, che poi venivano distribuite in altre piazze della città e della provincia. L’indagine, denominata “piazza Castelli”, è iniziata nel 2019. Nel corso dell’attività investigativa sono stati sequestrati complessivamente 10 chili di stupefacenti, arrestate in flagranza 17 persone e sequestrati circa 50.000 euro in contanti. Gli elementi investigativi raccolti sinora hanno permesso di individuare due distinti gruppi di presunti trafficanti, uno con base in alcuni palazzi di edilizia popolare di via Castelli, composto da 16 indagati e l’altro operante a San Michele, composto da 6 indagati. La droga, in base alla qualità, veniva denominata kinder, carrera, goldon, messi o nike.

La polizia è riuscita a ricostruire l’organigramma del gruppo di Is Mirrionis partendo dalle modalità di spaccio che avvenivano seguendo tecniche standard: impiego di vedette messe all’ingresso dei palazzi con il compito di filtrare i clienti e osservare i dintorni; utilizzo di pusher posizionati nell’androne condominiale dove avveniva materialmente la vendita delle dosi; reclutamento dei custodi incaricati di nascondere il grosso della droga e di persone incaricate di suddividerla e confezionarla in dosi sottovuoto. I due presunti capi di questa associazione, arrestati oggi e messi ai domiciliari, secondo quanto sinora emerso, avrebbero anche organizzato e coordinato tutte le attività illecite e reperito sul mercato le ingenti quantità di droga da smerciare. Inoltre, si sarebbero occupati di mettere a disposizione dei loro sottoposti i difensori in caso di “problemi legali”, specie dopo gli arresti in flagranza, e di stipendiare i pusher per il loro lavoro quotidiano. Le attività di vendita delle dosi iniziavano nel pomeriggio, puntualmente alle 13, e andavano avanti ininterrottamente sino alle 23:30. In una giornata di “lavoro” entravano negli androni non meno di 250 persone, soprattutto giovani, per acquistare le dosi. Il prezzo di ogni dose era di 5 euro per hashish e marijuana e di 30 euro per la cocaina. I pusher venivano pagati 120 euro per ogni giornata di lavoro e non potevano allontanarsi dal loro posto nemmeno per cenare. Non erano ammesse pause e l’organizzazione, quindi, si occupava di fargli consegnare la pizza per la cena.

I due presunti capi del gruppo di via Castelli avrebbero mantenuto l’assoluto controllo dei sodali e delle attività rimanendo costantemente sulla piazza, anche per risolvere eventuali problemi che potevano nascere: ad esempio litigi durante le cessioni di droga oppure con i pusher, che avrebbero rallentato il ritmo delle vendite. Vi erano giornate nelle quali i clienti erano talmente tanti che i due presunti capi intercettati si preoccupavano per l’ ”assalto che c’era stato” e per la droga che era tutta finita e che andava subito di nuovo procurata in grosse quantità. Oltre ad assegnare gli incarichi, i due avrebbero anche punito con il “licenziamento” gli spacciatori che rubavano le dosi per rivendersele in proprio o si impossessavano di parte degli incassi. Analoghe “punizioni” arrivavano se le vedette si distraevano o se, durante il “servizio”, consumavano droga. Questi comportamenti avrebbero potuto mettere a rischio l’intera attività, specie quando passavano le pattuglie delle forze di polizia per i normali controlli. I due presunti capi si sarebbero occupati anche di cambiare nei supermercati le banconote di piccolo taglio e le monete con cui i clienti pagavano le dosi. Come emerge sinora dalle indagini, tutta l’attività di spaccio era considerata dall’organizzazione un vero e proprio lavoro che dava la possibilità agli indagati e alle loro famiglie di “mangiare”. La presunta associazione di via Castelli si sarebbe rifornita di una parte della droga ricorrendo al sodalizio criminale del quartiere San Michele, che avrebbe fatto capo all’altra persona finita oggi in carcere su ordine del gip. Questa associazione aveva la sua base nell’abitazione dell’arrestato e in una strada del quartiere San Michele. La via veniva indicata convenzionalmente come “cantiere” oppure “caddozzo”. Qui c’era la centrale per la vendita all’ingrosso, mentre in una pizzeria del quartiere, sempre di proprietà dell’arrestato, veniva fatta la vendita al dettaglio delle dosi. Le dosi venivano consegnate dai pusher dell’organizzazione anche a domicilio, con auto e scooter o a piedi all’interno di borsoni. Anche l’arrestato si sarebbe occupato di vendere le dosi al dettaglio, oltre di contrattare per la vendita di ingenti quantità all’ingrosso e di occuparsi occasionalmente del “taglio” della cocaina. I panetti di droga venivano nascosti in un autolavaggio, in una palestra e in una sauna di proprietà della famiglia dell’arrestato. Il presunto capo del gruppo di San Michele avrebbe organizzato tutta l’attività della filiera: dal reperimento della cocaina, hashish e marijuana, al taglio e confezionamento, dalla vendita all’ingrosso e al dettaglio al reclutamento e consegna ai pusher.

L’attività di spaccio non si era interrotta nemmeno durate il lockdown dovuto alla pandemia per Covid 19. Infatti, dopo l’entrata in vigore del decreto “Io resto a casa”, nel marzo 2020, lo spaccio si era spostato dalla pizzeria, chiusa proprio per il decreto, a un camper, che l’arrestato aveva acquistato proprio per non interrompere la vendita e per preservare la sua famiglia da eventuali contagi dal virus.

 

Nell’indagine sono state fondamentali le attività di intercettazione e di videosorveglianza delle due piazze di spaccio. Grazie a diverse microcamere installate dagli investigatori è stato possibile documentare le attività illecite e ricostruire l’organigramma delle associazioni.

Nell’operazione di oggi sono stati impiegati 150 agenti della polizia di Cagliari, del reparto prevenzione crimine Sardegna di Abbasanta, il nucleo cinofili di Abbasanta e un elicottero del reparto volo di Abbasanta.

Tags: Cagliari
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