Col progetto di ammodernamento che si profila all’orizzonte si torna a discutere della Fiera. La sua è una lunga storia che inizia da una piccola esposizione che si svolgeva negli anni trenta a Stampace durante le celebrazioni di Sant’Efisio. Sotto la spinta di quell’iniziativa sorsero in altri quartieri della città eventi espositivi simili. Nei primi mesi del 1949, nonostante le ferite inflitte dalla guerra, si tenne nella Passeggiata Coperta e negli spazi adiacenti di Terrapieno, la Prima Edizione della Fiera Campionaria della Sardegna. Non senza screzi campanilistici con Iglesias, la Seconda Edizione avvenne nei locali del Teatro Massimo, in quell’occasione accorsero persone da tutta l’isola, saturando ogni spazio disponibile. Da allora si rese necessario pensare ad una nuova sistemazione per le edizioni successive.
Nel 1951 si scelse la vasta area compresa tra viale Diaz e viale Salvatore Ferrara (oggi quartiere fieristico). Gli anni successivi videro la costruzione di notevoli padiglioni, tra questi il Padiglione del Mezzogiorno di Adalberto Libera, realizzato nel 1953, il Padiglione per le Attività Agricole progettato da Ubaldo Badas nel 1961, e pochi anni dopo si aggiunse perfino un hangar dell’Areonautica Militare (che prima era installato presso l’aeroporto militare di Monserrato). Fino agli anni ottanta la Fiera costituiva un evento immancabile, i biglietti erano ricercatissimi e si pagava per accedere dai tornelli di piazza Marco Polo (a parte chi scavalcava dal CONI). Migliaia di persone accorrevano da mezza Sardegna per infilare nella domenica di maggio la mitica tripletta: sfilata di Sant’Efisio, partita del Cagliari e Fiera Campionaria.
Oltre alle novità esposte nei vari padiglioni, la Fiera era per tutti un motivo di visita a sé stante, il gigantesco tubo per roteare le monetine era un emblema di gioia e libertà; famiglie e gruppi di amici visitavano la “piccola città delle meraviglie” accompagnati dal profumo di cipolle alla piastra; i bambini vivevano quel paradiso “lucignolesco” tra la curiosità per gli oggetti più strani ed i giganteschi macchinari agricoli, oltre, ovviamente, al nutrito asset di giochi dislocati nell’area giostre. Un appuntamento annuale per ritrovarsi ad ogni giro di calendario sempre più grandi, fino a spostare l’attenzione dai giochi a temi diversi. Sul finire degli anni novanta è iniziato il veloce declino, dovuto al cambiamento di una società disarcionata dai tradizionali modelli associativi ed attratta da stili di vita differenti. Guardando al futuro, nella prospettiva di un’auspicabile rinascita, la Fiera potrebbe concentrare l’attenzione sullo stile italiano e le tipicità locali, paradossalmente divenute ben più rare di ciò che arriva in poche giorni dall’altra parte del globo. Una sana occasione per lasciare in tasca il cellulare e respirare nuovamente l’inebriante profumo delle “cipolle alla piastra”, ripristinando i vantaggi di una socialità diretta, troppo spesso declinata ad un ruolo secondario rispetto a quella mediata dallo schermo dei social network.