Cagliari, 4 ore di attesa al freddo fuori dal Brotzu: “I nostri cari dentro e noi isolati senza nemmeno un bagno”

Una caduta in casa o dolori forti allo stomaco, il pronto soccorso del più grande ospedale sardo ancora in sofferenza. Le testimonianze dei parenti dei pazienti: “Arrivati alle 9:30 da Capoterra, accolti dopo un’ora e in attesa di sapere come andranno le visite. Il gazebo è aperto e siamo in autunno, situazione assurda”, “Mia moglie con dolori forti, ha avuto anche crisi respiratorie: non so quando e se uscirà, i medici non dicono nulla. Bagno vietato, in caso di necessità dobbiamo andare nei campi?”. GUARDATE le VIDEO INTERVISTE


Per le ultime notizie entra nel nostro canale Whatsapp

Un’altra giornata campale, seppur in tono minore rispetto a ieri, al pronto soccorso del Brotzu, a Cagliari. In tarda mattinata ci sono una decina di persone nel piazzale esterno: qualcuno sceglie di accomodarsi nelle panchine di plastica sotto il gazebo bianco, altri passeggiano nervosamente e altri ancora restano stravaccati a bordo dell’auto. Ma le attese sono sempre gigantesche, anche quattro ore prima di avere notizie del proprio caro ferito o dolorante, con il tempo di “accoglienza” stimato in non meno di un’ora e mezza. C’è ancora il nastro blu che vieta l’accesso indiscriminato alla sala d’attesa, ogni tanto esce un’infermiera che dice, a voce alta, questo o quel cognome. Il paziente o il parente di turno si alza e raggiunge l’ingresso. C’è l’assist del Santissima Trinità, pronto soccorso chiuso ma reparti riaperti per cercare di non mandare definitivamente ko Brotzu e Policlinico di Monserrato. Ma ancora non basta. Domenico Coco ha 73 anni ed è di Capoterra: “Ho portato mia moglie qui al pronto soccorso perchè è caduta per colpa della pioggia e si è lussata la spalla sinistra. L’hanno fatta entrare dopo un’ora e non so molto, sono solo riuscito a sentirla al telefono”, racconta. “Non si sa ancora se la ricoverano oppure no, ha già fatto le radiografie. Io attendo fuori, non fanno entrare nessuno. L’accoglienza va modificata, è assurdo, è una porcheria dover star fuori al freddo. Aprano il pronto soccorso, basta ventilarlo”, osserva l’uomo. “E chiudano questa specie di gazebo, è tutto aperto. Uno arriva con dolori e acciacchi e poi viene accolto così. Non c’è guida, non c’è testa, è tutto fatto alla rinfusa”.
Un anziano di 76 anni è invece arrivato da Sestu insieme alla moglie ottantenne: “Ha forti dolori allo stomaco e difficoltà respiratorie. Siamo arrivati alle otto e trenta e l’hanno fatta entrare dopo mezz’ora ma solo perchè non c’erano molte persone. Ora, con mio figlio, aspettiamo di sapere se dovranno ricoverarla. Non è la prima volta che vengo qui, sono di casa”, dice, “le attese sono sempre state lunghe e il servizio è organizzato male. Se avessi la necessità di dover andare in bagno, devo andare nei campi e nei prati? A Parigi ci sono bagni chimici e funzionano, alla fine chi ne fa le spese” della disorganizzazione della sanità “sono sempre gli anziani e i bambini”.