Un’altra giornata campale, seppur in tono minore rispetto a ieri, al pronto soccorso del Brotzu, a Cagliari. In tarda mattinata ci sono una decina di persone nel piazzale esterno: qualcuno sceglie di accomodarsi nelle panchine di plastica sotto il gazebo bianco, altri passeggiano nervosamente e altri ancora restano stravaccati a bordo dell’auto. Ma le attese sono sempre gigantesche, anche quattro ore prima di avere notizie del proprio caro ferito o dolorante, con il tempo di “accoglienza” stimato in non meno di un’ora e mezza. C’è ancora il nastro blu che vieta l’accesso indiscriminato alla sala d’attesa, ogni tanto esce un’infermiera che dice, a voce alta, questo o quel cognome. Il paziente o il parente di turno si alza e raggiunge l’ingresso. C’è l’assist del Santissima Trinità, pronto soccorso chiuso ma reparti riaperti per cercare di non mandare definitivamente ko Brotzu e Policlinico di Monserrato. Ma ancora non basta. Domenico Coco ha 73 anni ed è di Capoterra: “Ho portato mia moglie qui al pronto soccorso perchè è caduta per colpa della pioggia e si è lussata la spalla sinistra. L’hanno fatta entrare dopo un’ora e non so molto, sono solo riuscito a sentirla al telefono”, racconta. “Non si sa ancora se la ricoverano oppure no, ha già fatto le radiografie. Io attendo fuori, non fanno entrare nessuno. L’accoglienza va modificata, è assurdo, è una porcheria dover star fuori al freddo. Aprano il pronto soccorso, basta ventilarlo”, osserva l’uomo. “E chiudano questa specie di gazebo, è tutto aperto. Uno arriva con dolori e acciacchi e poi viene accolto così. Non c’è guida, non c’è testa, è tutto fatto alla rinfusa”.
Un anziano di 76 anni è invece arrivato da Sestu insieme alla moglie ottantenne: “Ha forti dolori allo stomaco e difficoltà respiratorie. Siamo arrivati alle otto e trenta e l’hanno fatta entrare dopo mezz’ora ma solo perchè non c’erano molte persone. Ora, con mio figlio, aspettiamo di sapere se dovranno ricoverarla. Non è la prima volta che vengo qui, sono di casa”, dice, “le attese sono sempre state lunghe e il servizio è organizzato male. Se avessi la necessità di dover andare in bagno, devo andare nei campi e nei prati? A Parigi ci sono bagni chimici e funzionano, alla fine chi ne fa le spese” della disorganizzazione della sanità “sono sempre gli anziani e i bambini”.