“Fra le consuete fanfare la Giunta Zedda annuncia che, nei prossimi 3 anni, verranno effettuate 250 nuove assunzioni”. A parlare è il consigliere comunale Giuseppe Farris, che interviene con toni critici sull’annuncio dato dal sindaco Zedda durante la seduta consiliare riguardo al piano triennale del fabbisogno del personale. “Detto che il Piano Triennale di fabbisogno del personale è atto dovuto per legge, il Sindaco si scorda però di dire quante saranno le cessazioni (essenzialmente per pensionamento) e, conseguentemente, se, e che in misura, al termine del triennio il saldo della dotazione organica sarà positivo”. Farris punta il dito anche sulla lettura proposta da Zedda riguardo alla “fuga dei dipendenti”, attribuita alle condizioni economiche del contratto degli Enti Locali. “Zedda, poi, lamenta la fuga dei dipendenti addebitandola esclusivamente al contratto degli Enti Locali, indicato come il peggiore, dal versante retributivo, del pubblico impiego. Anche qui, detto che queste disparità esistono da decenni, sarebbe interessante sapere in che misura questa circostanza, che viene dipinta come la causa di un esodo (ma non lo è), incida in misura percentuale”. Secondo Farris, il problema è più profondo e ha radici strutturali e politiche ben definite: “In realtà, il dimagrimento dell’organico dei dipendenti del Comune, deve essere valutato da una parte considerando che determinate attività, oggi a differenza del passato anche recente, sono supportate dall’applicazione delle nuove tecnologie che richiedono un minore impiego di risorse umane; dall’altra deve essere considerata l’assenza, da circa 15 anni, di politiche dedicate al personale. Scomparso il relativo Assessorato, sia Zedda che Truzzu, hanno trattenuto per sé la relativa delega”. Una scelta, quest’ultima, che secondo il consigliere ha avuto effetti negativi ben tangibili. “La conseguenza di questa bulimia politica-amministrativa degli ultimi sindaci non è soltanto traducibile in una mancata programmazione: più al fondo, sono mancate relazioni sindacali che potessero valorizzare le istanze dei dipendenti; è mancata la formazione professionale che è stata vissuta più come un fardello che come una opportunità; è mancata un’adeguata contrattazione decentrata, che avrebbe potuto introdurre forme di incentivazione”. La conclusione è tagliente: “Per questi motivi non stupisce che oggi si confonda un atto dovuto, di ordinaria amministrazione, come un capolavoro politico”.













