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Andrea Pubusa: “Massimo Zedda? Incapace al limite dell’insensatezza”

di ale2
24 Giugno 2017
in cagliari, centro-storico

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di Andrea Pubusa

A Cagliari le elezioni comunali si avvicinano,  dunque si parla di candidati  e di schieramenti. Non dirò di quello del centrodestra storico che per me è solo l’avversario da battere. Dirò invece del nuovo centro-destra, quello che fa capo al PD. E’ uno schieramento che è rapidamente passato da una posizione costituzionale ad una a-costituzionale fino all’ultima versione renziana, dichiaratamente anticostituzionale. I toni e gli argomenti sono gli stessi usati nel 2006 da Berlusconi. La Carta è un peso per le prospettive del Paese, è un rimasuglio di un’epoca, quella della Resistenza, ormai finita, ora ai valori della solidarietà e del lavoro si devono sostituire quelli scintillanti della concorrenza e dell’impresa. La legge della giungla trasposta in campo sociale. Anche la rappresentanza è un ostacolo al buon governo e, dunque, si è dato il via alla stagione dei Commissari straordinari: ci sono nelle province, ormai soppresse come enti esponenziali delle rispettive comunità, ci sono nei grandi comuni (a Roma ad un sindaco proprio il PD ha preferito un prefetto!), ci sono commissari governativi per ogni grande evento, come se gli organi democratici non fossero capaci di gestirli. E, a ben vedere, sono simili ai commissari anche i sindaci e i presidenti di Regione ormai eletti con leggi elettorali che mortificano la rappresentanza (Pigliaru ha il 60% dei consiglieri regionali con meno del 20% del voto dei sardi). Ora, col pretesto del terrorismo, dell’emergenza e della sicurezza non solo si consolida la tendenza a sovvertire il principio di rappresentanza, ma si attaccano direttamente e senza infingimenti le libertà fondamentali. Il progetto dei grandi grandi centri finanziari di attaccare gli stati nazionali e di minarne poi dall’interno le Carte costituzionali formate nell slancio democratico del secondo dopoguerra e della Resistenza al nazifascismo, è in pieno sviluppo. Il PD ne è parte rilevante, anche perché sta svolgendo la funzione di traghettare sulla sponda anticostiuzionale ampi strati di elettorato tradizionalmente democratico. Non a caso si avverte una difficoltà in vista del referendum costituzionale contro lo scasso della Costituzione operato da Renzi-Verdini perché una parte dell’elettorato che nel 2006 battè la controriforma di Berlusconi-Bossi oggi ha cambiato casacca.
Quindi, il voto al PD non può essere dato per le stesse ragioni per cui non si può dare a Forza Italia. L’attacco al lavoro e al sindacato, insieme al colpo alla Carta, non sono fatti che ammettono dubbi o ripensamenti. Ergo, il voto non può essere dato neppure a chi si allea col PD, a chi, sotto varie forme,  porta acqua a quel mulino, in cui gira acqua sporca, anche dal punto di vista dell’etica pubblica.
Massimo Zedda, dunque, non avrà il mio voto, anzitutto perché è alleato col PD, e perché svolge la funzione di traghettare in un’area ormai destrorsa una parte dell’elettorato della sinistra. Ma non l’avrà anche per demeriti propri. La sua sindacatura è quanto di più criticabile esista. E’ stato eletto grazie a un moto generoso dell’area democratica cagliaritana, associazionismo sociale e culturale innanzitutto, e si è ben guardato dal rapportarsi a questa rete progressista di intelligenze e di azione; anzi l’ha mortificata. Anche il semplice contatto o l’interlocuzione sono stati impossibili. Porte in faccia fin da subito. Chiusura e nessuna innovazione nel campo della partecipazione. Esperienze praticate in tutto il mondo, a partire dal bilancio partecipato o il dibattito pubblico alla francese, sono rimaste fuori persino dall’orizzonte politico-amministrativo. La gestione d’importanti istituzioni culturali come il Teatro lirico hanno mostrato un’incapacità al limite della insensatezza, con risvolti persino penali. A ben vedere non c’è un settore o una questione importante della vita cittadina su cui Zedda abbia dato un segnale positivo. Perfino sul trasferimento del Martini a Monserrato non si è messo di traverso, quando il trasloco nell’hinterland di importanti istituzioni culturali o di rilevanti funzioni amministrative costituiscono altrettanti colpi al carattere di città di Cagliari.
Dice Uras e con lui qualche estimatore di SEL (guardacaso esistente ormai solo in Sardegna): “ma Massimo sta realizzando opere pubbliche, a partire dal Poetto“. Certo qualche opera stradale o giardinetto è in corso di realizzazione. Ma se questo è il metro di giudizio, allora dirò che Delogu ha fatto altrettanto, se non di più. Quanti giardinetti e aiuole ha realizzato il sindaco Delogu? Tanti. Ha perfino trasformato in una bella piazza l’area antistante la Chiesa di S. Saturnino, prima disordimato parcheggio, d’inverno perfino fangoso. Embé, per questo abbiamo osannato Delogu? Delogu ha anche dato alla sua sindacatura  un altro carattere visibile: lo sganciamento del sindaco dal tatticismo deteriore di gruppi  e fazioni. Un elemento non negativo se lo avesse declinato in chiave democratica, ossia in collegamento con le soggettività sociali. Questa prospettiva era estranea a Delogu come persona e al suo raggruppamento sul piano generale. Ma è un cavallo di battaglia della sinistra. Massimo, invece, non solo non ha aperto al sociale, ma si è arrotolato nei giochini di gruppo, nel tatticismo deteriore, in cui si è allevato. Il paradosso è che è passato per un’espressione del società civile e come un innovatore, mentre chi lo conosce sa che è immerso nelle manovre di fazione fin da quando era in fasce! Il risultato, con Zedda, abbiamo una sindacatura e una città senza anima.
Rimangono gruppi in formazione e il M5S. I pentastellati hanno una loro coerenza che ormai anche i compagni più schifiltosi dovrebbero riconoscere: difesa ferma della Costituzione in Parlamento, sicuro ancoraggio a valori morali tradizionali della sinistra, comprovati dalla rinuncia totale al finanziamento pubblico e dalla autoriduzione dell’indennità parlamentare (gli espulsi dal M5S – sia detto incidentalmente – hanno accampato la mancanza di libertà di pensiero, ma in realtà volevano libertà d’intascarsi l’intero malloppo). Opposizione alla controriforma sul lavoro e tanto altro ancora.  Quindi, il M5S, benché non tutto sia condivisibile nella loro impostazione, rimane certamente la forza più credibile a livello nazionale contro Renzi e Berlusconi. Ed anche a livello locale, a condizione ovviamente che schierino candidati votabili. E lo sono non tanto gli amministratori di lungo corso, anche giovani alle prime armi, purché abbiano una cultura di base e siano mossi da spirito di servizio.
A Cagliari è in formazione anche una lista che fa capo a Enrico Lobina, già consigliere circoscrizionale e poi comunale. Si tratta di persona molto attiva, presente nelle battaglie democratiche, promotore di alcune iniziative sul piano della politica comunale di sicuro interesse. Non è più esattamente definibile politicamente in quanto ha abbandonato Rifondazione comunista per imboccare la strada nebulosa del sovranismo. Personalmente lo preferivo prima, ma siccome nel Comune, il sovranismo non potrà che tradursi, al più, in un radicale autonomismo, non ho preclusioni. Il programma, la lista e le alleanze diverranno l’elemento decisivo. Lobina ha molte chance di avere il mio voto se non sarà un traghettatore indiretto di voti al PD. Se sarà questo, al di là della immutata stima personale, non avrà il mio consenso. Sono fermamente deciso ad astenermi se non ci sarà una lista alternativa al centrodestra vero e a quello cammuffato. Spero, però,  tra M5S e la lista promossa da Lobina di avere materia per recarmi all’urna con la convinzione di esprimere un voto utile per la democrazia cagliaritana.

 

Tags: Cagliaripdpubusazedda
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