Andrea Murgia, il volto nuovo: “Per dare lavoro stop ai privilegi e ai faccendieri”

Speciale primarie: le interviste di Federica Lai ai candidati del centrosinistra


Per le ultime notizie entra nel nostro canale Whatsapp

Speciale Primarie del centrosinistra, in vista delle elezioni regionali 2014. Il primo candidato ad essere intervistato è Andrea Murgia, economista di 41 anni, originario di Seulo. Alle Primarie del 29 settembre si candida come indipendente. “In Sardegna esiste un’emergenza che si chiama Lavoro. Occorre ridurre le indennità dei consiglieri regionali, e eliminare i privilegi economici”.

 

Cosa l’ha spinta a candidarsi alle primarie del centrosinistra?

Mi candido da indipendente raccogliendo l’invito di molte persone stanche di accordi segreti e di faide da primadonna. Di fatto, è una candidatura alternativa a nomi di apparato, a politici che occupano posizioni importanti da almeno un decennio e che hanno già avuto la possibilità di farsi conoscere per modi e contenuti. Guardi, oggi servono due cose prima di tutto: visione e competenza. La gente non fa altro che ripeterlo. Io non ho mai considerato la politica una lotta per il potere. Mio padre, maestro elementare, è diventato socialista dopo aver conosciuto la miseria nelle sue classi, nel dopoguerra. Da qui nasce la vera politica, non dietro le scrivanie. Partiamo da un progetto comune, costruito nella logica della collaborazione. È ora di intraprendere una strada nuova, senza ambiguità o astio, in autonomia dai capibastone di ogni schieramento. Hanno fallito, è ora di farglielo capire.

In caso di vittoria alle primarie, e poi alle elezioni regionali, quali sono le priorità su cui si concentrerà? Inizierei con una dovuta operazione di equità: la riduzione delle indennità dei Consiglieri regionali e l’abolizione dei privilegi economici di cui godono senza ragione. Detto questo, verifico che siamo al paradosso: abbiamo un’emergenza impressionante che si chiama Lavoro e un apparato regionale che non riesce a spendere. Non sono i soldi a mancare, si figuri che 340 milioni sono stati restituiti allo Stato! L’ingorgo è da un lato nella burocrazia, dall’altro dell’incapacità progettuale di chi ci governa oggi. Dunque, ecco le priorità: semplificazione dell’amministrazione, sostegno all’occupazione ed alle imprese. Non supplicare buste paga, ma farci artefici di sviluppo in sintonia con la vocazione dei territori e con la nostra storia, cultura e lingua.

Quello dell’occupazione è uno dei settori più in crisi: secondo lei cosa si può fare?

 Si crea nuova occupazione qualificata utilizzando davvero i fondi europei e i benefici della fiscalità di vantaggio. Ma è anche necessario abbassare il costo del lavoro e rendere la Sardegna un luogo competitivo dove le imprese possano insediarsi e operare. Molti settori dell’economia oggi sono scarsamente produttivi. Altri sono strangolati dalla mala-burocrazia. L’esempio degli operatori alberghieri del nord che si sono consorziati, hanno noleggiato una nave e poi hanno riempito gli alberghi salvando stagione e posti di lavoro, è quanto di più positivo oggi ci sia. Ma è anche testimonianza di un governo regionale che ha fallito e continua a fallire su tutti i fronti.

Su quali settori dell’economia isolana si deve puntare?

 Iniziamo a ragionare pensando a chi siamo e a dove vogliamo andare. Lo sviluppo deve rispettare la vocazione del territorio e della nostra gente. Significa che non siamo disponibili al faccendiere di passaggio. Siamo maestri nelle nostra attività tradizionali ed iniziamo ad essere un distretto tecnologico importante. Mi sembra un ottimo binomio da intrecciare per una nuova trama. Il turismo poi, per la qualità del nostro paesaggio dovrebbe volare, e invece è incagliato sui trasporti e su una pessima promozione. Le imprese vanno sostenute tutte. Che siano economiche, culturali o sociali. Lo sviluppo è un affare comune, un guadagno per tutti e va concertato. Da qui, per arrivare nel mondo.