Un appello chiaro al Governo, “fateci riaprire”, e una critica, abbastanza feroce, per quanto riguarda gli aiuti sinora stanziati: “I seicento euro di bonus sono un’elemosina, la nostra categoria è stata dimenticata dallo Stato”. Alessio Pani, 35 anni, fa il barbiere da quando portava i calzoni corti: “E da sempre, grazie anche all’esempio di mio padre, ho sempre lavorato onestamente, portando i soldi a casa. Adesso sono fermo da due mesi, tutti noi parrucchieri ci siamo fidati che avremmo potuto riaprire dopo due settimane, invece siamo ancora fermi. Certo, il Coronavirus è un’emergenza, ma siamo pronti a lavorare con tutte le precauzioni del caso”, afferma, sicuro, Pani. Il suo cellulare, nelle ultime settimane, ha squillato molte volte: “Tra le chiamate ricevute, anche quelle di qualche cliente che mi ha chiesto se potevo raggiungerlo a casa per tagliarli i capelli. Ho detto sempre di no, io rispetto le regole a differenza di qualche furbetto che, abusivamente, sta continuando a lavorare a domicilio, danneggiando tutta la categoria”.
“Io ho una doppia partita Iva, vendo anche prodotti per capelli. Se non lavoro non incasso, è semplice”, osserva il trentacinquenne. “Il mio unico collaboratore è in cassa integrazione, ma non so ancora quando arriveranno i soldi. Ci troviamo in serie difficoltà economiche, se non si cambia passo finirò col dover rinunciare anche a comprare il pane”.












