Dichiarazioni che fanno discutere quella di Alessia Pifferi, condannata in primo grado alla pena dell’ergastolo per l’omicidio volontario aggravato di sua figlia Diana, morte di stenti dopo 6 giorni da sola a casa. La 38enne, detenuta nel carcere di Vigevano, oggi non si è presentata in aula per i traumi subiti dopo un’aggressione da parte di una o più detenute. Per lei è stato necessario l’intervento del 118 e quattro punti di sutura al viso per un pugno ricevuto. Inoltre, stando a quanto riferito dalla donna, questi episodi di violenza (anche verbale) con parole come “mostro” e “devi morire” le aveva subite anche nel carcere di San Vittore. Intanto, oggi i giudici hanno nominato il pool di periti: lo psichiatra Giacomo Francesco Filippini, la neuropsicologa Nadia Bolognini e il neuropsichiatra infantile Stefano Benzoni. Quest’ultimo si occuperà dell’infanzia della Pifferi e di analizzati eventuali traumi che possano aver condizionato la vita da adulta della donna. La nuova perizia verte tutta su unico grande nodo: la 38enne era capace di intendere e di volere quando è morta la piccola Diana? Una risposta dirimente ai fini del futuro della Pifferi, sul quale si battono accusa e difesa. Il primo incontri fra gli specialisti si terrà il prossimo 26 marzo.










