È morto a 4 giorni di distanza dalle dimissioni, firmate dai parenti “contro la volontà dei medici”, Umberto Farris, l’ottantaseienne di Assemini che, dal 10 novembre al primo dicembre, è stato ricoverato nel reparto di Medicina del Policlinico di Monserrato. E ora i parenti dell’uomo, le figlie in testa, chiedono chiarezza. Hanno già protocollato una denuncia ai carabinieri di Assemini, nelle due paginette col logo ufficiale e le firme di Maria Cristina e Maria Teresa Farris è scritto tutto ciò che sarebbe capitato sin dal trasporto all’ospedale con un’ambulanza del 118. Farris era stato ricoverato per un “danno renale acuto da disidratazione in paziente con malattia renale cronica da insufficienza renale acuta”. Insomma, l’anziano non stava benissimo, ma i parenti hanno ufficialmente chiesto “il sequestro della cartella clinica, della documentazione medica e la verifica di prestazioni intramoenia nei giorni di ricovero” del proprio caro per tutta una serie di motivi: “I medici hanno sempre detto che papà sarebbe morto in poco tempo, abbiamo insistito nel poterlo vedere ma la risposta era sempre negativa”. I punti dolenti arrivano nelle righe successive: “Il 21 novembre siamo riusciti a visitarlo, era legato con i polsi al letto, era cosciente e chiedeva di soffiargli il naso. Era completamente nudo, con indosso solo il panno e soffriva molto il freddo. Chiedeva di mettergli una magliettina e un’infermiera ha detto che non poteva essere messa perchè era in isolamento in quella stanza”. Nei giorni successivi tutti i figli, a turno, l’hanno potuto visitare, ma dal 23 novembre c’è stata la nuova serrata: “Solo comunicazioni telefoniche sulle sue condizioni di salute, ottenute dopo le nostre insistenze”.
Il primo dicembre tutti i figli e la moglie si coalizzano e chiedono le dimissioni di Umberto Farris: “La dottoressa ci ha detto che sarebbe morto in ambulanza, alle 23 è stato riportato a casa” proprio con un mezzo del 118. Lì ha vissuto per altri quattro giorni, il tempo necessario per scoprire “il suo corpo pieno di piaghe, quando è stato ricoverato non era così. Era in condizioni igieniche pessime, siamo convinti che da quando è stato ricoverato non è mai stato lavato”. La famiglia, assistita dall’avvocato Fabio Basile, chiede nettamente “il sequestro della cartella clinica e della documentazione medica” e, in parallelo, chiede alla Procura “di verificare la prestazione intramoenia fatta nei giorni di ricovero”.












