Una bruttissima vicenda ha coinvolto l’Ospedale Civile di Piacenza. Il primario del reparto di Radiologia Emanuele Michieletti è stato arrestato per abusi su infermiere e dottoresse del suo reparto.
Come riporta Il Corriere, le indagini sarebbe partite dalla denuncia di una dottoressa, poi l’orrore. Alcune hanno purtroppo ritrattato per timore delle conseguenze soprattutto professionali. Il primario infatti è sempre stato molto conosciuto e la sua posizione di potere ha sicuramente influito nella sua condotta che ha messo in una posizione di inferiorità le vittime, costrette a subire e a tacere.
“Le indagini delegate alla Squadra Mobile di Piacenza sono state svolte anche grazie ad intercettazioni telefoniche ed ambientali, ed hanno permesso di cristallizzare un inquietante scenario all’interno dell’ospedale”, si legge nella nota della Questura. “Il primario sottoposto agli arresti domiciliari compiva – fa sapere la polizia in una nota ufficiale – sistematicamente atti sessuali ai danni di dottoresse ed infermiere in servizio nel reparto da lui diretto. Le vittime, in stato di soggezione ed intimorite da eventuali conseguenze pregiudizievoli, a livello lavorativo o familiare, se si fossero opposte, subivano quotidiani abusi sessuali. In almeno due casi, la condotta è arrivata anche a configurare il delitto di atti persecutori per la continuità con cui le vittime venivano costrette a subire gli atti sessuali, con il timore di ripercussioni nel caso avessero scelto di sottrarsi agli abusi”.
“Di fatto, il medico primario agiva – prosegue la nota della questura – come se le dipendenti fossero a sua disposizione anche sessualmente, e per questo non si faceva scrupoli a compiere atti sessuali, anche durante le normali attività e conversazioni di lavoro. L’attività d’indagine è stata avviata grazie alla denuncia di una dottoressa in servizio in quel reparto, che aveva subìto per la prima volta un’aggressione sessuale all’interno dello studio del medico, segnalando il gravissimo fatto alla direzione sanitaria dell’Ausl e alla Questura di Piacenza. La vittima aveva subìto l’aggressione dopo essersi recata nell’ufficio del capo per discutere delle ferie, ed era stata chiusa a chiave nella stanza, sbattuta contro un mobile e costretta a subire atti sessuali, interrotti solo dal casuale arrivo di un collega che bussava alla porta”.
“Durante i 45 giorni di monitoraggio attivo mediante l’utilizzo di ambientale audio/video sono stati rilevati 32 tra episodi di violenze sessuali, rapporti sessuali completi, rapporti orali”, spiega la Procura. Una storia terribile di violenze e abusi anche psicologici che hanno visto anche molta omertà e timore di dire la verità. “A rendere però complesse le indagini, – proseguono gli inquirenti – è stato il clima di forte omertà all’interno del Reparto, che ha portato diverse vittime a essere reticenti in prima battuta con gli investigatori circa quello che stavano patendo. Nel corso delle indagini, una seconda dottoressa, appositamente invitata in Questura, decideva di sporgere denuncia e raccontare degli abusi subiti, per poi ritirarla il giorno successivo per timore delle conseguenze lavorative e familiari. Sono al momento diverse le vittime individuate che hanno confermato gli abusi sessuali, ma, come i video e le immagini estrapolati dimostrano chiaramente, si tratta solo di parte delle donne costrette a subire atti di violenza. Di fatto, il primario compiva atti sessuali con quasi tutte le donne che varcavano da sole la porta del suo ufficio, all’occorrenza chiudendole nella stanza e bloccandole. Sebbene siano stati anche registrati all’interno dell’ufficio dei rapporti sessuali consenzienti con alcune operatrici, peraltro nell’orario di servizio, nella maggior parte dei casi le condotte erano espressione di atteggiamenti prevaricatori, evidenziati dalle riprese audio-video”. L’Ausl di Piacenza ha espresso “piena solidarietà e vicinanza alle vittime”, ribadendo che “il rispetto e la tutela della persona sono da sempre principi fondanti della nostra missione”. L’azienda sanitaria ha inoltre manifestato “piena fiducia nel lavoro della Magistratura”. Michielietti, sposato e nato a Vercelli ma con con studi effettuati a Milano, è sempre stato noto nell’ambiente per importanti ricerche anche a livello europeo e studi che hanno fatto notizia, come quello durante il Covid. Lui e la sua equipe avevano individuato come da una Tac si potesse stabilire l’evoluzione della malattia.