Gli ha visti anche lui quei maledetti resti di inneschi che hanno incenerito quaranta alveari e ucciso due milioni di api: “Diavolina”. E, se non definirli direttamente diavoli, di sicuro il termine più appropriato per chi ha distrutto, in parte, l’unica fonte di sostentamento di Valerio Deidda, apicoltore 45enne di Villacidro, può essere “maledetti”. Aveva trovato ospitalità da qualche mese nel terreno di un allevatore, Deidda. Le sue api svolazzavano felici e producevano il miele che, poi, lui rivendeva in paese e nelle zone limitrofe: “I danni sono ingenti, non ci voglio nemmeno pensare”, dice, sconsolato, il quarantacinquenne. Ammonterebbero almeno a trentamila euro, non certo caramelle, e i suoi colleghi hanno già iniziato una raccolta fondi per aiutarlo. “Ma non riesco a darmi una spiegazione su quanto accaduto. Non ho mai infastidito o disturbato nessuno, ogni giorno faccio il mio lavoro senza cercare altre persone. L’ho anche detto ai carabinieri, facciano pure tutte le indagini del caso”. Riuscire a rintracciare i colpevoli è difficile: “Nel terreno non ci sono telecamere, le uniche sono dove ci sono i capannoni”. E chi ha appiccato il fuoco ha agito con il favore del buio.
“Se le api disturbavano qualcuno bastava mettere un cartello, o avvisarmi. Noi apicoltori siamo tutti gentili, chiediamo sempre il permesso prima di pizzare alveari e api nei terreni”. Cosa che aveva fatto con il padrone del campo dove una o più mani assassine hanno seminato morte, distruzione e disperazione. “Come farò adesso? Semplice, come ho sempre fatto, mi rimboccherò le maniche e andrò avanti. Ho una moglie e due figli, per fortuna ho altri alveari e api”. Ma la speranza finale è che, naturalmente, i responsabili vengano rintracciati dalle forze dell’ordine e paghino per quanto fatto.












