Stefano Porcu , 48 anni, è il Direttore Tecnico del Settore Paracanoa della Federazione Italiana Canoa Kayak. Fisioterapista, ha iniziato la sua attività con la canoa quando aveva 12 anni nel Cus Cagliari. Il suo padre sportivo è stato Andrea Argiolas che lo ha seguito fino all’età adulta, lo ha formato e indirizzato nelle scuole di formazione di medicina dello sport con la specializzazione di fisioterapista sportivo. E’ stato campione italiano dei 200 fondo e unico campione sardo. Ha collaborato come professionista nello staff del tecnico federale di atletica leggera,Gianfranco Dotta e ha proseguito il suo percorso formativo con la Federazione Italiana di Canoa nel settore della Paracanoa. Nel 2005 ha iniziato come fisioterapista della nazionale di canoa e come tecnico ha ottenuto ottimi risultati nel 2009 ai campionati mondiali di paracanoa che si sono svolti ad Alifax, in Canada, dove i suoi atleti, la cagliaritana e cardiologa Giovanna Chiriu ha vinto l’argento, Andrea Pani, Andrea Biagi e Ciro Ardito la medaglia d’oro. Nel 2012 , Stefano Porcu è stato assoldato dalla Federazione come direttore tecnico con l’obiettivo di formare la squadra nel quadriennio di preparazione per le prossime Olimpiadi del 2016 di Rio de Janeiro, in Brasile. Ogni fine settimana gli atleti della nazionale si riuniscono a Castelgandolfo dove sotto la guida del tecnico cagliaritano e del suo staff si svolgono gli allenamenti. Agli europei del 2014 che si sono svolti a Mosca, Pieralberto Buccoliero ha vinto l’oro.
Passione impegno e una sfida contro la disabilità. La normalità è solo un punto di vista. Nessun ostacolo per chi decide di tentare una nuova vita attraverso lo sport.
Passione impegno e una sfida contro la disabilità. La paracanoa come eccellenza dello sport nazionale in un mondo dove regna l’individualismo e dove il danaro determina il destino e la carriera degli atleti. Ma ci sono persone che hanno deciso di credere in un mondo diverso, ancora pulito e ricco di soddisfazioni. Successi e riconoscimenti internazionali ottenuti con sacrificio e impegno a dimostrazione che non esiste solo il calcio. Il protagonista di questo progetto di grande valore sociale è Stefano Porcu, 48 anni, direttore tecnico del Settore Paracanoa della Federazione Italiana Canoa Kayak, cagliaritano, fisioterapista, che spende la sua vita, come tecnico e professionista della disciplina, per dare la possibilità a tutti di essere atleti.
Fare sport per chi è diversamente abile non è un’impresa facile. Come si può compensare il gap con la cosiddetta normalità?
Le persone che collaborano con me hanno motivazioni doppie per raggiungere i grandi risultati. E’ una sfida continua con se stessi e con gli altri. Noi facciamo quello che comunemente viene sconsigliato di fare dalla medicina tradizionale. Abbiamo avuto un caso di un atleta che in 40 anni, affetto da poliomelite, che non aveva mai pedalato. Si è rivolto a noi per fare attività sportiva e con grande sorpresa ha iniziato a pedalare. Questa è la dimostrazione che la normalità è solo un punto di vista.
Stefano Porcu, direttore tecnico del settore paracanoa della federazione italiana canoa. Come nasce la sua passione e ritiene che si possano superare le diffidenze verso questo sport da parte dei diversamente abili?
Uso lo sport come metodo di integrazione sociale e sportiva con ottimi risultati. Metto al servizio dei giovani diversamente abili le mie conoscenze medico scientifiche sulla riabilitazione nella canoa dando la possibilità ai giovani meno fortunati di riprendere possesso della loro vita e non solo. Da un livello pari a zero fino a vincere un mondiale con allenamenti di 6/7 ore al giorno e senza sconti. Tutti svolgono gli stessi allenamenti e lavorano fino ad effettuare 100 trazioni alle sbarre senza sconti. E’ una grande soddisfazione quella di vedere questi atleti ritrovare entusiasmo e una ragione di vita.
Una vita dedicata agli altri che richiede una grande sensibilità e un grande impegno. Come riesce a conciliare il tutto?
Devo tutto questo alla mia famiglia, a mia moglie e ai miei tre figli che mi affiancano professionalmente e che mi hanno seguito e stimolato nel mio percorso formativo. In uno sport come la canoa conta la passione e l’impegno. Un grazie particolare lo devo a Giorgio Corona che ha creduto nel mio progetto e ha donato alla Federazione, al Centro Federale, un prezioso macchinario del valore di 25 mila euro.
A chi si deve rivolgere una persona che decide di intraprendere questa attività?
Insieme ad altri amici che credono al mio progetto, abbiamo fondato una Polisportiva, “Ateneo”, a Monserrato, in via Fonni, 23, dove alleniamo ragazzi diversamente abili e normodotati. Un punto di riferimento per tantissimi atleti in cui si praticano tutti gli sport di palestra e nautici e dove abbiamo aggregato tutti, con un’integrazione che definirei un modello, da seguire per gli altri sport.
Quali sono gli obiettivi della sua nazionale nell’immediato?
Stiamo lavorando con grande passione e forti motivazioni con l’obiettivo di qualificarci alle Olimpiadi del 2016. Il vero test saranno i prossimi campionati mondiali che si svolgeranno a Milano nel prossimo agosto. Attualmente stiamo formando una decina di atleti che faranno parte della rosa della Nazionale per la qualificazione olimpica.
A parte il calcio e il basket professionistico tutti le altre discipline vengono considerate di serie B o sport minori. Cagliari e la Sardegna per il clima e il suo territorio potrebbe sfornare atleti di buon livello. Come risponde il movimento regionale?
Cagliari sarebbe dal punto logistico il campo ideale per gli allenamenti soprattutto nella stagione invernale, sia per il clima e per le location, ma mancano le strutture ricettive. Ci stiamo lavorando col comitato regionale e come coordinatore cercherò di dare un supporto e formare i tecnici delle società locali. La disciplina si può iniziare tra gli 8/10 anni nelle categorie allievi/ragazzi. Non esistono la serie A o la serie B, esiste “il campionato” dove tutti possono partecipare per trovarsi tra i primi 9 atleti della nazionale. E’ una competizione aperta a tutti. Da noi il doping non esiste e non si registrano episodi con tutti gli atleti sani e ben allenati. Negli ultimi tre anni c’è stato un incremento di tesserati del 6 per cento su circa 15 mila iscritti. La Sardegna è una delle regioni che ha il maggior numero di tesserati. A Cagliari sono in attività 9 società sulle 20 presenti in Sardegna.
Ci sono difficoltà di natura logistica e finanziarie o si riescono a trovare sponsor e sostenitori per questa disciplina e viste le motivazioni?
Ovviamente ci sono delle difficoltà oggettive ma in ogni caso la Regione e le istituzioni devono vigilare molto sull’utilizzo dei contributi che vengono erogati alle società, in particolare, per i progetti dedicati ai disabili. Occorre sostenere l’attività paralimpica come segno di civiltà e di crescita culturale.












