Sos migranti a Monastir: “Centro d’accoglienza polveriera, agenti esposti al Coronavirus”

La durissima lettera del sindacato di polizia: “Un gruppo di stranieri ha occupato il giardino con tubi e bottiglie di birra da utilizzare contro le Forze dell’ordine, ognuno fa come gli pare: abbiamo faticato tanto per evitare contagi”


Per le ultime notizie entra nel nostro canale Whatsapp

Caos al centro d’accoglienza di Monastir. Dopo le polemiche degli ultimi giorni, interviene il Sap (sindacato autonomo di polizia) con una durissima lettera spedita al questore di Cagliari. Non solo parole: gli agenti inviano anche varie foto che testimoniano tutti i problemi della struttura, tra pochi controlli e situazioni di pericolo. Ecco, di seguito, la loro lettera.

Gentilissimo Signor Questore, quanto visto negli ultimi giorni a Monastir è difficile da raccontare, fatico io stesso a trovare parole non troppo forti per rappresentare ciò che sta accadendo all’interno e all’esterno di quelle mura. Parlare di disorganizzazione è poco, vige una confusione totale. Monastir è una polveriera pronta ad esplodere. Gli stranieri sono ammassati in condizioni disumane all’interno delle diverse aree che vengono facilmente scavalcate. Ieri mattina un gruppo numeroso, protestando, sostava nel giardino posto di fronte agli alloggi, dopo aver portato all’esterno coperte, asciugamani e materassi. Di fatto occupavano un pezzo di terra con tubi di metallo, bottiglie vuote di birra e superalcolici, potenziali armi da utilizzare in caso di protesta contro le forze dell’ordine. Materiale che viene allontanato dagli operatori di Polizia che puntualmente si ripresenta. Gli stranieri sono divisi in varie zone in virtù della loro permanenza e della loro condizione sanitaria. Come noto ci sono due reparti infettivi. Questi non sono (per ovvie ragioni) chiusi a chiave, pertanto gli stranieri tentano di uscire anche solo per fumare una sigaretta. Ieri mattina un gruppo di positivi sedeva beatamente all’esterno, sotto il porticato, come se nulla fosse, fumando e bevendo caffè acquistato alle macchinette poste in un’altra palazzina limitrofa”.

Ancora: “I poliziotti che lavorano nel centro non hanno la possibilità di differenziare i malati dai sani, chi è nella struttura da un giorno e chi da quindici. A dirla tutta neppure i dipendenti della società che gestisce il centro. Abbiamo assistito a scene del tipo “Sei Covid?” “No” “Ah ok”.
Il controllo della presenza nei reparti infettivi viene effettuata la mattina e la sera; se durante la giornata uno dei malati dovesse uscire ed allontanarsi unendosi ad altri gruppi, nessuno lo capirebbe se non dopo diverse ore. Abbiamo appurato che la parte retrostante del centro è incredibilmente priva di barriere. Sono stati effettuati dei lavori mai finiti, che permettono agli stranieri di raggiungere il muro di cinta posteriore e tramite delle inferriate poste come scala, entrare ed uscire raggiungendo l’esterno. Alcuni di loro rientrano dallo stesso punto, molti addirittura dalla porta principale con buste piene di lamette bottiglie di superalcolici e birra. Il sottosegretario all’Interno Achille Variati, nella risposta in aula alle interrogazioni parlamentari nate dopo le nostre denunce di metà luglio, aveva parlato di innalzamento delle barriere per evitare le fughe. Riportiamo testualmente “(…) Era già stato predisposto dalla Prefettura di Cagliari un progetto di ristrutturazione della struttura attualmente in fase di completamento, in particolare sono stati ultimati i lavori di sopraelevazione del muro perimetrale utilizzato dai migranti come via di fuga non autorizzata, nonché una compartimentazione della zona esterna con l’utilizzo di adeguate recinzioni (…)”. Le immagini che alleghiamo raccontano tutta un’altra storia”.

La lettera del Sap prosegue: “Pensi che alcuni stranieri, ultimati gli acquisti in paese, addirittura rientrano anche dalla porta che dà accesso alla vecchia palazzina degli alloggi posta alla destra dell’ingresso principale, rimasta desolatamente aperta, così come l’accesso principale. Durante l’arco di tutta la giornata i colleghi hanno assistito al via vai di ospiti verso il centro commerciale più vicino. Nel pomeriggio si è presentato addirittura il proprietario di una casa vicina che urlando denunciava ingressi continui nella sua proprietà. Cosa dobbiamo rispondere ai cittadini? Gli stranieri sono in vigilanza sanitaria, non devono entrare in contatto con la cittadinanza e con altre persone che non siano continuamente monitorate. Eppure ci sembra che ognuno faccia un po’ come gli pare. È impossibile vigilare quel luogo perché l’organizzazione non esiste. Non è chiara ai poliziotti la distribuzione all’interno della struttura degli stranieri, perché anche gli stessi organizzatori faticano a capirla. C’è una confusione totale che i poliziotti impegnati di servizio nonostante la buona volontà, il sacrificio e l’operosità dei singoli. Pensi che un gruppo di cinque algerini è stato accompagnato al centro poiché in una struttura di Quartu avevano creato turbative. Queste persone sostano all’esterno perché si rifiutano di entrare all’interno. Fanno parte di questi alcuni nordafricani controllati qualche giorno fa in Piazza del Carmine mentre beatamente sostavano in quella Piazza insieme ad altri connazionali. E parliamo sempre di persone in quarantena. Il rischio di contagio tra stranieri è altissimo posto che i positivi Covid hanno la possibilità di aggirare facilmente i controlli allontanandosi dalle proprie stanze. E questo rischio si estende di conseguenza agli operatori di Polizia di vigilanza. Ci pare davvero incredibile che persone malate non siano trattenute in strutture sanitarie ma in un centro popolato da centocinquanta persone. I malati si curano in un ospedale e non altrove per colpa del solito scaricabarile istituzionale. Prima i positivi venivano, su pressione della Prefettura, collocati presso strutture sanitarie, perché è cambiato tutto? Forse i numeri sono troppo elevati adesso? È forse è più facile lasciarli a Monastir perché così il problema rimane lontano da Cagliari? Come dice il detto, “lontano dagli occhi lontano dal cuore?”.  I colleghi dell’Ufficio Immigrazione sono in balia delle decisioni altrui senza capirne realmente motivi. Sempre ieri, giornata di ferragosto, dovevano lasciare la struttura sedici stranieri, poi diventati soli cinque per motivi sconosciuti agli stessi poliziotti. Solo nel tardo pomeriggio i colleghi reperibili, supportati dal funzionario giunto seppur fuori servizio, sono stati costretti ad una corsa contro il tempo per fare i biglietti e documenti per riuscire a farli partire. I gestori del centro parlavano di pressione alleggerita, peccato che durante la notte ne siano arrivati molti altri. La mattina gli stessi gestori del centro dicevano “Se dovessero esserci altri sbarchi non sappiamo dove metterli”. Segnaliamo inoltre che una decina di algerini ha occupato alcuni locali dove sono presenti gli uffici di Polizia, le macchinette ed i bagni a noi dedicati costringendo i colleghi all’espletazione dei bisogni fisiologici all’esterno della struttura.
In ultimo signor Questore, ma le sembra normale che all’interno del centro ci sia un nucleo familiare con tre minori (tre bambine di uno, tre e cinque anni) che giocano in mezzo ai sacchi dell’immondizia abbandonati a fianco della struttura a loro dedicata? È mai possibile che in questo paese tutti si riempiono la bocca con la parola accoglienza e nessuno riesca a trovare una sistemazione decorosa per tre bambini ed i loro genitori? Le chiediamo un concreto interessamento per porre fine a questa vergogna! Bisogna trovare una struttura idonea, connette separazioni tra gli ospiti ed un’organizzazione chiara e lineare per far sì che i poliziotti possano lavorare in sicurezza. Abbiamo fatto tanto in questi mesi per evitare contagi tra i nostri uomini. Non buttiamo al vento tutte le fatiche fatte”.


In questo articolo: