Personale ridotto, salari ristretti, aggiornamento professionale quasi azzerato e un’organizzazione del lavoro penalizzante: è il quadro che l’amministrazione universitaria ha creato negli ultimi cinque anni secondo i sindacati di categoria e le rappresentanze unitarie dei lavoratori dell’Ateneo cagliaritano. Quadro che verrà esplicitato in un documento da diffondere martedì mattina, in concomitanza con l’inaugurazione dell’anno accademico ma fuori dal palazzo di via Università, perché anche quest’anno non ci sarà l’intervento ufficiale del rappresentante del personale tecnico amministrativo: sindacati di categoria e rsu – un fronte compatto che unisce le sigle Flc Cgil, Cisl Università, Uil Rua, Csa Cisal, Confsal Cisapuni – preferiscono disertare, in polemica con una gestione a dir poco inadeguata. Tempo di bilanci per il rettore Melis, che svolgerà il suo ultimo discorso in un clima di consolidata protesta, perché l’insoddisfazione dei lavoratori non è un fulmine a ciel sereno ma una posizione manifesta e diffusa da anni.
Certo non sfugge alle rappresentanze sindacali il fatto che il quadro sia pesantemente condizionato dalle leggi nazionali – Gelmini prima, legge di stabilità oggi – ma l’accusa che muovono al rettore è di aver fatto scelte persino peggiorative rispetto a quelle leggi, scelte che altri atenei non hanno fatto. E ora che l’Università imbocca la strada verso le elezioni del nuovo rettore, nelle quali il voto dei lavoratori pesa il quindici per cento, va da sé che protesta e rivendicazioni suonino anche come un appello a chi verrà, perché gli errori del passato non siano reiterati. E perché le parole scritte nello Statuto dell’Università – “formazione, elaborazione critica e diffusione delle conoscenze, autonomia, libertà di insegnamento, didattica, ricerca, trasparenza, diritto allo studio, responsabilità verso la collettività, partecipazione democratica” – abbiano un riscontro nella realtà, non siano come oggi, completamente disattese.
L’elenco delle rivendicazioni è articolato e tocca questioni contrattuali, legate ai salari assottigliati anno dopo anno, il tema della formazione continua ridimensionata e, ancora, la riorganizzazione dei dipartimenti e delle facoltà che qui a Cagliari è stata solo di facciata e ha avuto, come riflesso, oltre a un’offerta formativa qualitativamente inadeguata, un modello di organizzazione del lavoro ormai superato, che danneggia non solo i lavoratori ma l’intero sistema universitario. Privato di qualsiasi aspettativa di crescita professionale ed economica, il personale tecnico si autodefinisce “specie in via di estinzione” per l’applicazione delle regole nazionali sul turnover, resa ancora più insostenibile dalle scelte del rettore che, dal 2009 a oggi, ha tagliato duecentocinquanta posti di lavoro. Per non dire degli errori legati al disinteresse nella gestione dell’Azienda Ospedaliera Universitaria (Aou), che ha impoverito, oltre alle professionalità impiegate, ruolo e qualità della ricerca e della didattica universitaria.
Per i sindacati poi, “diritto allo studio e sostegno pubblico sono ormai parole vuote per oltre la metà degli studenti”. Il riferimento, il sostegno e la piena condivisione delle battaglie dei movimenti studenteschi da parte dei lavoratori, va agli “idonei non beneficiari” di borse di studio, “una nuova ma ormai consolidata categoria di senza diritti”.
Ecco il bilancio tracciato dai lavoratori sul quinquennio Melis: “Riduzione dell’offerta formativa, calo del numero degli immatricolati, assenza di politiche per arginare il fenomeno degli abbandoni, incremento della precarietà dei ricercatori, drastico peggioramento delle condizioni di lavoro del personale tecnico-amministrativo, svilimento delle specificità universitarie nell’Aou”. Da qui la decisione, “nel massimo rispetto dell’Università come Istituzione scientifica superiore”, di non partecipare all’inaugurazione di martedì, “perché non c’è proprio nulla da festeggiare”.











