Nella storia contadina il rito della vendemmia ha sempre rappresentato, ma lo è ancor oggi, il momento in cui il lavoro, ma anche la creatività e l’ingegno, producono finalmente i propri frutti. Tra l’altro, la storia dell’uva e soprattutto del vino si è sempre accostata alle pietanze, alle tradizioni e alle festività. Settembre, è sempre stato il mese ideale per la vendemmia, in questo periodo infatti l’uva ha raggiunto la piena maturazione. Da sempre la vendemmia è sempre stato un momento particolare: donne e uomini, giovani e meno giovani collaborano dalla mattina alla sera, cantando sudati, vestiti da “contadini”. A volte, anche i bambini lavorano fianco a fianco con i loro nonni e i loro genitori. Un ambiente gioioso e un’aria di festa. Tra una chiacchiera e l’altra, tagliano i grappoli d’uva, che sistemano nelle cassette o nelle apposite ceste, mentre altri, in genere i più forzuti, le sistemano nei tini, disposti nei trattori o in altri mezzi di trasporto. Poi, terminata la vendemmia, iniziano i lavori in cantina: con la macina dell’uva, la torchiatura, la fermentazione e il successivo travaso del mosto nelle botti. Per un periodo si scorge nell’aria un profumo di mosto, che si concentra in particolar modo in prossimità delle cantine. Questi momenti e queste scene, così familiari a molti, rappresentano una pratica ancora in uso. Un rito, una tradizione che dura nel tempo, che resiste alla meccanizzazione e che continua a riunire intere famiglie. La vendemmia è sempre stata l’apice di un lavoro duro, la sua fase conclusiva, l’ultimo sforzo prima di vedere ed assaggiare il risultato finale: un buon vino di qualità. ROBY COLLU












